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Il Pd prega Ingroia: desisti, desisti, desisti

Con gli arancioni in campo in Lomardia, Campania e Sicilia, Bersani può dire addio al sogno della maggiornza al Senato. Per questo invia Franceschini a trattare il passo indietro in cambio di quote in lista

Lucia Esposito
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di Francesco Specchia Desistere, desistere, desistere...». Quando, tra i Democratici, si ode la parola «patto di desistenza», il pensiero corre a Bertinotti, alle alleanze ambigue, all'Unione, alla sfiga; e, irrazionalmente, le mani s'infilano in tasca, altezza bassoventre.  Sarà per questo che alla ventilata ipotesi di una desistenza  elettorale al Senato da parte di Rivoluzione Civile di Antonino Ingroia, il superstizioso Enrico Letta s'è affrettato a smentire: «nessuna ambiguità. Da parte del Pd non sono mai venuti attacchi scomposti alla Corte Costituzionale o al Quirinale, che invece hanno caratterizzato l'azione del pm di Palermo. Faranno le loro scelte. Ma la distanza rimane abissale». E di rimando, da parte di Ingroia e compagni il leitmotive è lo stesso: nessuna desistenza.  Ma ciò non toglie che la realpolitik abbia davvero spinto Dario Franceschini in un mandato esplorativo Pd verso Leoluca Orlando, fresco ingroiano, a chiedere di «di non presentare le nostre liste in regioni chiave quali la Sicilia, la Campania e la Lombardia. Credo siano molto preoccupati per la continua crescita della nostra lista Rivoluzione civile». Poi Franceschini ha negato di aver cercato l'accordo: in realtà si tratterebbe di un «disarmo» unilaterale che la Lista Ingroia dovrebbe fare. Una proposta giudicata irricevibile dalla  sinistra, ma non del tutto esclusa, con qualche proposta in più: per esempio, per l'eventuale rinuncia, qualche candidatura garantita al Senato per personalità indicate dallo stesso Ingroia. Intanto l'accordo sulle liste di Rivoluzione civile c'è stato e sono già quasi tutte compilate, con il probabile aiuto del tanto dileggiato manuale Cencelli: quattro posti «sicuri» a Idv, tre ciascuno a Prc-Pdci, due ai Verdi.  La desistenza, cioé la possibilità che il polo dell'ex pm rinunci a presentare le liste per il Senato in alcune regioni in bilico  (Lombardia, Campania, Sicilia) si renderebbe necessaria, agli occhi del Pd, specie in Campania e Lombardia, roccaforti di De Magistris e dello stesso Orlando dove il partito di Ingroia andrebbe a svuotare l'elettorato classico del Pd.   Naturalmente, dal passo di Franceschini ecco sgorgare una ridda di dichiarazioni, ognuna il contrario dell'altra. Nichi Vendola: «Non tocca a me decidere sull'ipotesi di un patto perché la lista Arancione non corra in alcune regioni per favorire la vittoria del centrosinistra. Tocca a Bersani. Ma un colloquio con un'area della società civile ed esponenti della sinistra va costruito». E, per dialogare, si dialoga parecchio. Risponde in modo reciso, per esempio, Luigi De Magistris: «Per quanto mi riguarda non esiste nessuna possibilità di raggiungere un accordo di desistenza al Senato!». Perché, secondo un sondaggio Roberto D'Alimonte per il Sole 24Ore oggi le intenzioni di voto in Campania per gli  “arancioni” toccano l'11,2%. Tutti voti rubati al Pd il cui 30,5%, come si diceva, non lo mette al riparo dalla concorrenza del centrodestra (che vanta il 28,5%).  Ingroia otterrebbe così, paradossalmente, di far vincere il centrodestra nella propria regione;  e renderebbe il Senato ingovernabile per il centrosinistra. Per la Sicilia, dove grazie all'ennesima capriola di Lombardo il Pdl è radicato, sarà ancora peggio. Quindi, nonostante il fantasma della desistenza, i due principali protagonisti nicchiano.  Bersani tace. Ingroia, punzecchiato da Lilli Gruber ieri sera a Otto e mezzo, in scontro con Ignazio Larussa, ha specificato che i suoi principali avversari, adesso, sono «Berlusconi e Monti e questo ci accomuna al centrosinistra. Ma io non ho ricevuto, sulla desistenza, alcuna comunicazione da Bersani, per ora non ci sono i presupposti...». Quel che l'ex magistrato prevede, è comunque vada, la fine di Berlusconi; confidando nella teoria della «profezia che si autoavvera» che sociologo Robert Merton confezionò quarant'anni fa. Solo dopo venne Bertinotti...

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