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Senato elettivo e italicum: in FI tira aria di rivolta al Cav

Matteo Legnani
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Se il Cavaliere pensa che giovedì lui riunisce i gruppi di Camera e Senato, detta la linea e basta il verbo di Silvio per ripristinare la pax berlusconiana nel partito, sbaglia di grosso. La fronda interna, infatti, non ha nessuna intenzione di rompere le righe. Basta sentire il senatore Augusto Minzolini: "Io il Senato non elettivo non lo voto. Punto. Neanche se me lo chiede Berlusconi", giura a Libero, "neppure se diventa la linea del partito da tenere in Aula. Io, comunque, non lo voto", ribadisce. E glielo dirà in faccia al Grande Capo, giovedì mattina, all'assemblea dei gruppi: "Alzerò il dito, chiederò la parola e gli dirò: 'Presidente, ci sono tante ragioni per dire no a questa riforma e nessuna per dire sì. Il Senato che vuole Renzi è una schifezza. Non solo è inutile, è nocivo'". Non retrocede di un millimetro l'indomito “Minzo”, che infilerà l'elmetto già all'inizio della settimana prossima. "Da lunedì comincio a fare casino in commissione Affari costituzionali", dove Minzolini è subentrato al vicepresidente azzurro Claudio Fazzone, "voterò gli emendamenti che dico io. E non sarò il solo", avverte l'ayatollah forzista del Senato elettivo. A sentire lui, dispone di un esercito di almeno 37 senatori: tutti quelli che hanno firmato la sua proposta di legge di riforma del Senato. L'ex “direttorissimo” del Tg1 mette nel conto che qualcuno lo perderà per strada giovedì quando Berlusconi proverà a serrare le fila del partito. "Ma sono in tanti in Fi a pensarla come me", assicura, "siamo l'unico Paese democratico occidentale che fa la riforma costituzionale su mandato del governo (la sola eccezione fu De Gaulle). Mi dovete spiegare perché Renzi, che ha già ottenuto la riforma del bicameralismo, si è fissato tanto sulla non elettività del Senato", è la domanda retorica di Minzolini. Che un'idea se l'è fatta: "Lui vuole una via d'uscita per andare al voto se le cose si mettono male. E se la sta già costruendo eliminando un ramo del Parlamento. Se il Senato rimasse elettivo, infatti", spiega, "bisognerebbe smontare lo schema dell'Italicum. Ma è una partita temeraria, quella del premier, perché se la sua riforma non passa con la maggioranza dei due terzi, si va al referendum, che sarà un referendum su Renzi". Scenari minzoliniani. Una cosa è certa: cresce la barricata dentro Fi, dove per la prima volta sta nascendo una vera opposizione interna. Anche il senatore Maurizio Bianconi si è messo di traverso, dicendo già ufficialmente “no” alla linea che giovedì il Cav detterà ai suoi parlamentari: votare compatti la riforma del Senato che vuole Renzi per ottenere in cambio il via libera all'Italicum. "Cioè facciamoci del male perché poi arriva il peggio", traduce Bianconi, che boccia anche la riforma elettorale figlia del “Patto del Nazareno”. "È una pessima legge fatta apposta per far vincere Renzi o Grillo. Fi mai. Quelli che evocano lo spettro dei collegi sono degli imbonitori da fiera, poiché una legge elettorale il Pd la deve fare comunque con una opposizione e il M5S è contrario ai collegi. O son pazzi o masochisti o temono così tanto le preferenze da aver perso la testa". Se queste sono le premesse, si vedranno le scintille giovedì. Come se non bastasse, continuano a volare gli stracci in Fi. La rivalità tra Denis Verdini e Renato Brunetta è nota. Adesso è diventata pubblica. Ieri è partito un raid sull'uomo forte del partito dal Mattinale, la nota politica del gruppo di Fi alla Camera guidato da Brunetta. Vola alto il Mattinale, garantendo che sarà un'assemblea vera quella di giovedì: "Sarà un momento alto di democrazia autentica e non preordinata, dialogo sereno e trasparente, in cui la nostra unità non sarà cloroformizzata da capi e capetti (magari eterodiretti via sms) ma piena di energia e protesa ad una nuova Italia con Fi". E poi parte in picchiata sul quotidiano diretto da Giuliano Ferrara per colpire Verdini: "Il Foglio ha un tocco sovietico niente male. Chiama “sabotatore” chiunque osi eccepire sul codice verdiniano, forse per mandato dell'editore. Chi si oppone al Grande Capo è un sabotatore". di Barbara Romano

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