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Riforma del Senato, Alfredo D'Attorre (Pd): "Renzi minaccia il voto anticipato? Non spaventa nessuno"

Giulio Bucchi
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Il Pd, o almeno metà di esso, è furioso. La "palude" di Palazzo Madama sta rallentando la corsa del ddl Boschi, con l'aiutino (involontario?) del presidente Pietro Grasso. Per ora, Matteo Renzi per ora fa buon viso a cattivo gioco, chiarendo di essere disposto a far slittare il voto finale alla riforma del Senato "a settembre, ma solo con garanzie certe". Come dire: niente colpi bassi, perché altrimenti si torna al voto anche senza riforma del Senato e di legge elettorale. Ma c'è chi, come il bersaniano Alfredo D'Attorre, esponente di spicco di Area riformista (per intendersi, i "cuperliani"), lancia a sua volta un avvertimento al premier: "Minacciare le elezioni se non passano le riforme è da Tafazzi...". "Perché a Renzi non conviene tornare alle urne" - La critica è diretta soprattutto al renziano Roberto Giachetti e all'ex giovane turco Matteo Orfini, i più solerti nell'agitare lo spettro del voto: "La minaccia non spaventa nessuno, anche un bambino sa riconoscere una pistola ad acqua...". Il motivo è strategico: "Andare al voto con il Consultellum - spiega D'Attorre a Repubblica -, la legge elettorale uscita dalla sentenza della Consulta, non va bene né per il paese, né per il Pd né per Renzi. Noi democratici saremmo i più danneggiati da un voto anticipato con il proporzionale puro, con una preferenza singola e con circoscrizioni di ampiezza regionale". C'è poi la questione economica, con uno scenario in autunno catastrofico: "Non avremmo la legge di stabilità, il paese andrebbe in esercizio provvisorio, ci ritroveremmo con la Troika che commissaria l'Italia e senza gli 80 euro in busta paga nel 2015...". La strategia dei renziani - Una personalità molto vicina a Renzi come Debora Serracchiani, ospite di i a La7, ha ribattuto: "Mi sembra che Renzi sia l'unico a voler portare davvero a termine la legislatura. Mi auguro che ci riesca, perché altrimenti si dovrebbe approntare la campagna elettorale anticipata". Il dubbio nella testa di Renzi è chiaro: mi conviene di più tirare a campare, accettando i tempi del Parlamento, oppure rischiare tutto, tornare al voto e scaricare la colpa sulla "palude"? A giudicare la spregiudicatezza dimostrata fin qui, il premier in cuor suo sembra aver già deciso. 

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