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Berlusconi a Brescia: "Resto qui, non mi spaventano". Sinistra contro il Pdl

Giulio Bucchi
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di Claudio Brigliadori Sono passate da poco le 18 e Silvio Berlusconi, con un'ora di ritardo, sale sul palco di piazza del Duomo, a Brescia. Di fronte a lui, riferiscono gli organizzatori, circa 15mila simpatizzanti Pdl e alcune centinaia di contestatori, che lo accolgono a fischi (all'Inno dei Fratelli d'Italia) e insulti ("Mafioso! Mafioso!"). E' il clima tesissimo che si respira intorno alla manifestazione azzurra contro la giustizia politicizzata. E fino a pochi minuti prima, in piazza erano volato anche qualche ceffone, con i giovani della sinistra e dei centri sociali entrati in contatto con il popolo azzurro, provocando un ferito. E la polemica politica era già scoppiata, con il Pd che aveva protestato per la presenza al comizio di due ministri del governo Letta, Angelino Alfano e Maurizio Lupi. E il Cav lascia il messaggio più forte alla fine del suo discorso, 50 minuti più tardi, sia ai pm sia ai contestatori: "Potete farmi di tutto - sono le sue parole, commosse -, ma non potrete mai impedire a milioni di italiani di volermi alla testa del Popolo della Libertà". Secca la nota di replica dell'Associazione nazionale magistrati: "Berlusconi ha parlato ancora una volta di magistrati faziosi e guidati dall''dio, dal pregiudizio e dall'invidia - ha detto il presidente dell'Anm Rodolfo Sabelli -. Sono accuse che respingiamo con fermezza, il solito campionario di insulti, offese e luoghi comuni che sentiamo da tempo". "Io resto qui, non mi spaventano" - Il piatto forte della manifestazione sono gli ultimi risvolti giudiziari ai danni del Cavaliere, con la condanna confermata in Appello a 4 anni per il processo Mediaset. "Ma io sono qui. E resto qui più determinato di prima. Dopo una settimana di assedio, vi dico: se qualcuno pensava di scoraggiarmi, spaventarmi, intimidirmi e intimidirvi si è sbagliato di grosso". Quindi una confessione: "Dopo la fine del mio governo, nel 2011, pensavo fosse giunto il momento di aiutare da dietro le quinte una nuova squadra di azzurri, giovani e competenti. Volevo dedicarmi alla mia famiglia, a una fondazione per ospedali per bambini dedicata a mio padre, dedicarmi all'Università della Libertà. E avevo anche la speranza di potermi dedicare un po' anche al mio grande Milan". E invece... "l'Italia una volta era la culla del diritto. Ora è un paese malato, una democrazia malata". A trattenere in politica Berlusconi sono state tre preoccupazioni: "L'urgenza di lottare a fondo per uscire dalla recessione e tornare alla crescita. Solo essendo al governo possiamo mettere in campo le ricette necessarie. La seconda preoccupazione era l'andamento negativo dei sondaggi per il Pdl, con il rischio che il potere finisse nelle mani della sinistra e della sua parte estrema, che non è cambiata e alla quale non riconosciamo la capacità di governare. La terza lo stato della giustizia, che calpesta il diritto alla libertà dei cittadini, interviene nella vita politica e vuole eliminarmi".  "Leali col governo, ma a queste condizioni" - Berlusconi ha poi giurato "lealtà" al governo Letta, giudicato un "fatto storico, epocale. E' successo solo nel 1947. Per la prima volta nella storia della nostra Repubblica centrodestra e centrosinista si sono messi insieme per fare il bene del paese, varando le riforme e quei provvedimenti urgenti e necessari per rilanciare l'economia". C'è solo un grande escluso: "Beppe Grillo". E giù fischi dal popolo Pdl. Il Cavaliere però non rinuncia a dettare le condizioni per la crescita. "Da ora in poi grazie a noi la tredicesima non sarà più sequestrata e la casa non sarà più aggredita e penalizzata. E' una bella soddisfazione. "Da giugno le famiglie italiane non pagheranno più l'Imu sulla prima casa". La Corte Costituzionale, poi, dovrà essere di garanzia, sopra le parti, non più organo politico della sinistra come è adesso". Infine, le imprese: "Bisogna tagliare le unghie a quel mostro che si chiama Equitalia che imperversa sulle nostre famiglie e imprese". "L'Iva non deve aumentare, bisogna detassare immediatamente nuove assunzioni: zero tasse e zero contributi per chi assume giovani o cassaintegrati. Così creeremo nuovo lavoro". E ancora, "bisogna dare una scossa positiva all'attività delle imprese togliendo loro di dosso la camicia di forza delle leggi e della burocrazia, un sistema lento e borbonico delle autorizzazioni preventive che inchioda a tempi biblici". "Giustizia da riformare. Io come Tortora" - E finalmente si passa al capitolo giustizia, il più piccante. "Qualcuno, dopo l'ennesima sentenza ai miei danni, si aspettava un fallo di reazione, un colpo di testa mio contro il governo. Invece siamo persone leali. Quando stringo una mano, è come se avessi firmato un contratto e i contratti si devono rispettare". Resta però la priorità di "riformare la giustizia", "non per Silvio Berlusconi ma per gli italiani". "Tutti possiamo finire nel tritacarne giudiziario per il semplice fatto che qualcuno ha deciso di farci del male", ribadisce il Cav. "A me accade per pregiudizio politico e invincibile invidia che sfocia spesso nell'odio nei miei confronti e nei confronti di quelle classi sociali che noi rappresentiamo con la nostra politica". Quindi spazio ai temi della riforma: "I magistrati purtroppo non pagano mai per i loro errori". Una riforma basata su separazione delle carriere, parità tra accusa e difesa, responsabilità civile del magistrato e "una riforma delle intercettazioni, perché gli italiani tornino liberi di usare il telefono". Alla base di tutto, "il ripristino di un vero segreto istruttorio". "Ieri sera ho visto le immagini di Tortora quando diceva ai giudici io sono innocente e spero dal profondo del mio cuore che lo siate anche voi - è il passaggio più significativo -. Ed è questo il sentimento di tantissimi italiani che ogni giorno entrano nel tritacarne infernale della giustizia". "Io, l'uomo più intercettato d'Italia, sono stato messo in mezzo ad una intercettazione. Per me sono tutti matti".

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