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Ballottaggi, il centrodestra perde tutti i capoluoghi

Silvio Berlusconi

Se i moderati non possono votare Silvio, vince la sinistra. Il Pdl scommette sui cavalli sbagliati, punito ai ballottaggi: 11 su 11 per la sinistra

Andrea Tempestini
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Come al primo turno, in questa tornata di elezioni amministrative, per il centrodestra si delinea un sconfitta netta, senza appello. Parlano le cifre: undici su undici. Il centrosinistra fa en plein di capoluoghi (che diventano sedici su sedici se si aggiungono quelli vinti al primo turno). Roboante la vittoria di Ignazio Marino a Roma (Gianni Alemanno staccato di oltre 25 punti). Poi c'è la pesante sconfitta di Brescia, storicamente di sinistra, ma che all'ultimo giro vide la vittoria gli azzurri. Oggi però Emilio Del Bono torna a imporsi su Adriano Paroli. Brescia torna rossa. Cambio storico anche a Viterbo, la città dei Papi, dove Leonardo Michelini stacca lo sfidante del centrodestra, Giulio Marini. Imbarazzante per le proporzioni il ko di Imperia, dove il voto era stato definito una sorta di referndum su Scajola: Carlo Capacci prende il 76%, il distacco con Erminio Annoni, legale di "Sciaboletta", è siderale. Al centrosinistra anche Lodi, Ancona, Avellino, Barletta (dove si impone l'ex portavoce di Giorgio Napolitano, Pasquale Cascella), Viterbo, e Iglesias. Infine pesante ed emblematica sconfitta anche a Treviso, dove l'ex sindaco-sceriffo Giancarlo Gentilini insegue di 10 punti lo sfidante di centrosinistra. Unica nota - quasi- positiva per il centrodestra è un'altra sconfitta, quella di Siena. Vince il candidato del centrosinistra, Bruno Valentini, ma di soli 5 punti (un risultato che nella rossissima Siena, dove ha pesato lo scandalo Mps, non si era praticamente mai visto). Senza la stella... - Il refrain, il concetto a cui ora tutti pensano, è datata e scontata. Ma tremendamente vera. Senza la sua "stella" in campo il centrodestro arranca. Anzi, perde. Non va nemmeno a votare, come dimostra il crollo drastico dell'affluenza. Se nel novero dei votabili non c'è Silvio Berlusconi, le possibilità di successo dei moderati crollano. Una tendenza che fece capolino già dopo il crollo dell'ultimo governo del Cavaliere, quando Silvio sembrava pronto a lasciare la vita politica: il Pdl precipitò nei sondaggi, all'inizio del 2012 veniva accreditato del 13-15 per cento. Poi Berlusconi decise di tornare in campo, e come è andata se lo ricordano tutti: la rimonta, alle ultime elezioni politiche, è stata strepitosa. Nessuno ci avrebbe scommesso, ma il Pdl di fatto pareggiò, e ora si trova al governo con il Pd nell'esecutivo delle larghe intese guidato da Enrico Letta. Oggi, per inciso, gli azzurri vengono accreditati di un congruo vantaggio nel caso in cui gli italiani fossero chiamati a rinnovare il Parlamento: la rimonta del Cav è continuata anche dopo il voto, e si è concretizzata in un sorpasso che terrorizza il centrosinistra. Peso specifico - Altro discorso, però, a livello locale. E non solo perché non c'era un Berlusconi da poter votare, ma perché Berlusconi stesso, di fatto, è rimasto ai margini della campagna elettorale, preso dalle beghe giudiziarie e dagli affari di governo, scettico su una rosa di candidati che difficilmente avrebbe potuto imporsi, più incline alla Sardegna che ai ballottaggi. Il Cav si è speso ben poco a Roma in vista del primo turno (complici anche i rapporti tesi con Gianni Alemanno), e quasi nulla prima del ballottaggio. Anche nella campagna delle altre città la sua presenza, semplicemente, non c'è stata. Se questo dà la cifra del peso specifico di Berlusconi, la sitauzione vista in controluce mostra anche l'incapacità del Pdl di rinnovare la sua classe dirigente. Troppo debole la ricandidatura di Alemanno, emblematico il caso di Imperia, dove il candidato che è diretta emanazione di Scajola è stato spazzato via (il discorso riguarda anche la Lega Nord, che a Treviso ha rimesso in campo Gentilini, protagonista di una storica sconfitta). Il Cav resta il perno di un partito personalistico e di un elettorato pronto a convergere su di lui. Ma solo su di lui. Il Pdl, sia a livello nazionale sia a livello locale, senza Silvio pare perso, sembra non autosufficiente nell'individuare le pedine vincenti. Uno scouting che non può spettare solo a Berlusconi, lo stesso Berlusconi che non potrà essere in eterno il perno dell'alternativa alla sinistra. Autocritica azzurra - A urne chiuse, Fabrizio Cicchitto riconosce la sconfitta e riflette sul ruolo di Berlusconi: "L'astensionismo è di per sè espressione di un dato negativo, colpisce tutti, ha messo fuori gioco al primo turno in primo luogo il movimento a cinque stelle, ma poi adesso ha colpito ovunque nei ballottaggi il centrodestra. Da qui - aggiunge - deve partire una riflessione seria. Infatti esistono per quello che ci riguarda due situazioni di segno del tutto diverso". L'esponente Pdl sottolinea infatti che "a livello politico nazionale il Pdl continua ad essere trainato da Berlusconi, e ciò si vede nei sondaggi" ma "questo traino viene meno a livello locale perchè siamo in ritardo sull'esigenza di costruire un partito democratico, radicato sul territorio, che sceglie i suoi dirigenti locali con i congressi votati dai tesserati e i candidati sindaci e consiglieri comunali con le primarie". Quindi, dello stesso tenore, il commento di Sandro Bondi: "I risultati elettorali del secondo turno confermano che, quando vince, il Pdl vince grazie al carisma e alle qualità politiche del presidente Silvio Berlusconi. In secondo luogo dimostrano che senza un confronto all'interno del Pdl, fondato sulle idee, da parte di persone capaci di testimoniarle credibilmente, con onestà e un'autorevolezza non riflessa, il nostro movimento - è l'allarme del coordinatore Pdl - non sarà mai in grado di produrre candidati vincenti perchè dotati di una forza propria".

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