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Fornero e le pensioni d'oro: l'ex ministro contro la sentenza della Corte Costituzionale

Lucia Esposito
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Elsa Fornero piange ancora. Ha lasciato la poltrona di ministro del Welfare ma continua a versare lacrime (in questo caso di coccodrillo). Questa volta piange per una cosa (buona) che aveva fatto ma che la Corte costituzionale le ha boccciato. E' la tassa sulle pensioni d'oro: un prelievo tra il 5 e il 15% sugli assegni superiori a 90 mila euro l'anno. Un provvedimento contenuto nell'ormai tristemente famoso "decreto Salava-Italia". L'ex ministro, in una lettera al Corriere della Sera, spiega che quella tassa era un segno di "equità tra le generazioni.  Le pensioni più alte sono generalmente calcolate con il metodo "retributivo". Non ha importanza quanti contributi si siano versati nella propria vita, quello che conta sono le ultime retribuzioni incassate. Questo significa che si incassa più di quello che si è versato. Il conto, però, lo paga le giovani generazioni che andranno, per altro, in pensione con il calcolo contributivo. Le ragioni di Elsa - Secondo la Fornero implicitamente "si afferma che se la retribuzione è il corrispettivo di una prestazione di lavoro, la pensione dovrebbe essere il corrispettivo dei contributi versati sul reddito di lavoro". Ma, è questa la sintesi del pensiero di Elsa, "ciò non accade, come ho cercato di spiegare, per le pensioni retributive, che premiano indebitamente (cioè in modo sostanzialmente slegato dai contributi) proprio i redditi più elevati e non sono pertanto figlie di un regime di corrispettività, bensì della logica del privilegio". L'ex ministra bolla quindi la decisione come un regalo che viene fatto dalla Corte a chi è già ricco. Secondo la Fornero la sentenza della Corte Costituzionale che nega la possibilità di tassare questo privilegio  rischia "di minare il senso di equità sociale di tutta la riforma pensionistica". 

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