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Letta: "Senza lavoro l'Italia non si salva"

Enrico Letta e il pesciolino Nemo

Andrea Tempestini
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Il fine nobile è quello di salvare il Paese. Per farlo, spiega il premier Enrico Letta, serve il lavoro: "Se non c'è, il Paese non si salva", esordisce al congresso della Cisl. Quindi il presidente del Consiglio assicura "l'impegno a lavorare incessantemente per rimettere il lavoro al centro di tutte le politiche del paese". Ma siamo al tempo delle grande intese 2.0, è l'anno del governo "di servizio" che stringe in un recinto tradizioni diverse (leggasi: Pd e Pdl). Serve unione, secondo Letta. Serve un lavoro di squadra. Così per convincerci della sua teoria, prendendoci forse un po' tutti per fessi, Letta estrae dal cilindro un pesce: Nemo, il tenero abitante degli abissi creato dalle menti della Disney. L'errore - Inutile rimarcare gli attimi di ilarità che hanno attraversato il convegno di sindacalisti quando Letta, scimmiottando le (più felici) uscite metaforiche di Silvio Berlusconi, ci ha spiegato come uscre dalla crisi prendendo ad esempio la storia del rosso Nemo. Serio e composto, con fare paternalistico, il premier recita: "Così come il pesciolino Nemo spiega ai suoi simili che bisogna lavorare insieme per rompere la rete che imprigiona anche suo padre, così tanto a lungo cercato, noi dobbiamo capire che dobbiamo andare nella stessa direzione per ottenere ciò che desideriamo. Proprio come il pesciolino Nemo". Già, continua, perché "Nemo fa capire a tutti i pesci che devono lottare insieme. Se tutti spingiamo nella stessa direzione allora succede il miracolo. Si rompe la rete e Nemo ritrova il papà". Messaggio chiaro, ma errato: il papà, infatti, Nemo non lo ritrova grazie alla rottura della rete, ma facendosi sparare fuori da una acquario...

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