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"Rappresenta solo se stessa"Le donne del Pdl in rivoltacontro la Santanchè

Sulle barricate la Lorenzin e la De Girolamo, che non condividono la linea dura: vogliono stritolare la "pitonessa"

Andrea Tempestini
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L'ultima sortita di Daniela Santanché è un preannuncio di sfratto a Enrico Letta, se non fosse stata accolta la moratoria dei lavori parlamentari chiesta dal Pdl. «In questo caso capiremmo che non c'è un governo di coalizione», ha detto la “pitonessa” inducendo l'ala governativa del partito a prendere ufficialmente le distanze da lei. Ministre contro pitonessa Il primo a rompere gli indugi è stato Fabrizio Cicchitto. «Il partito non deve cadere in provocazioni ed errori», ha frenato il presidente della commissione Esteri della Camera. E «in tale categoria», ha spiegato Cicchitto, «mettiamo l'evocazione dell'Aventino, che è sbagliata da ogni punto di vista. Anche tenendo conto di come è andata in quell'occasione». Un segnale forte e chiaro alle velleità movimentiste di Santanché, con la quale l'ex capogruppo a Montecitorio nelle scorse settimane spesso e volentieri si è scontrato a proposito del progetto di riorganizzazione del Pdl, che Cicchitto, al di là del nome, vorrebbe tutt'altro che trasformato in un partito ultraleggero affidato a imprenditori, come invece desidera Santanchè.  E il caso ha voluto che proprio nel giorno in cui il ricorso all'Aventino, sponsorizzato soprattutto dalla «pitonessa», pare sia stato congelato, due ministre del Pdl abbiano deciso di ufficializzare la loro insofferenza nei confronti di Santanché. La prima è stata Nunzia De Girolamo, titolare delle Politiche agricole. Che, ancora una volta, ha separato il destino dell'esecutivo dalle vicissitudini giudiziarie di Silvio Berlusconi. Interpellata sull'ipotesi che il Cavaliere prima o poi sia costretto a fare i conti con l'interdizione dai pubblici uffici, De Girolamo ha allontanato le nubi da Palazzo Chigi. «Ci auguriamo che la pacificazione riguardi anche i poteri dello Stato», ha premesso. Ma se così non fosse, «se dovessimo arrivare al male peggiore», ovvero l'estromissione forzata del leader del Pdl dalla scena politica, in ogni caso «il governo non pagherebbe». Perché lo stesso Berlusconi «ha fatto una scelta diversa: quella di tutelare l'Italia e gli italiani. E il governo è nell'interesse del Paese, non di Silvio Berlusconi». Ma non è finita qui. Perché la ministra delle Politiche agricole è stata anche sollecitata a pronunciarsi sulle differenze tra lei e la collega Santanchè. E non ci sono stati sconti. «In cosa siamo diverse? Nell'età», ha risposto con una risata De Girolamo. Salvo aggiungere che se è vero che entrambe possiedono un «carattere forte, lo esprimiamo in maniera differente». E i motivi forse vanno ricercati, ha aggiunto polemicamente la numero uno delle Politiche agricole, «nel fatto che lei viene dall'estrema destra e io da un partito liberale e moderato come Forza Italia». Proprio come tenne a ricordare, qualche giorno fa, anche Angelino Alfano, segretario del Pdl nonché ministro dell'Interno.  De Girolamo, però, non si è limitata a questo. Perché a Santanché ha indirettamente rinfacciato anche i continui richiami alle manifestazioni di piazza: «Non è sempre opportuno urlare». Lei, ad esempio, ha rammentato con soddisfazione che nel giorno dell'adunata organizzata da Giuliano Ferrara a piazza Farnese al grido di «siamo tutte puttane», dove Santanché era sul palco insieme al direttore del Foglio, era «al ministero a lavorare, a occuparsi del bene comune». In ogni caso lei quell'adunata per solidarizzare con Berlusconi, condannato a sette anni di reclusione nel processo Ruby, «non l'avrebbe organizzata così».  «Non ci rappresenta» In serata, poi, su Santanchè si sono abbattuti gli strali di Beatrice Lorenzin. Il ministro della Salute, intervistata da Sette, ha respinto con forza l'ipotesi che l'ex sottosegretario all'Attuazione del programma possa diventare il leader della nuova formazione che sostituirà il Pdl: «Tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare. Lei è con noi da poco. E non rappresenta la maggioranza del partito». Per la nuova Forza Italia, piuttosto, meglio rispolverare lo «spirito del 1994: un partito inclusivo che ospitava liberali e socialisti, democristiani e riformisti. Dobbiamo aprirci e non chiuderci a riccio».

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