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Caso Shalabayeva, Alfano al Senato: "Né io né Letta sapevamo"

Angelino Alfano

Andrea Tempestini
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Il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, riferisce al Senato sul caso Shalabayeva. Bastano poche parole per sbugiardare chi cerca di abbatterlo (e di far cadere il governo Letta) sfruttando il caso dell'espulsione della moglie e della figlia del dissidente kazako Mukhtar. Il vicepremier legge un virgolettato della relazione del capo della polizia, Alessandro Pansa, la relazione che ha portato alle dimissioni del capogabinetto del Viminale, Giuseppe Procaccini: "Nessuna informazione è stata data al ministro Alfano e al premier Letta", spiega la relazione. Il vicepremier, insomma, non c'entra. "Sono qui a riferire su una vicenda di cui non ero stato informato - aveva esordito in aula -, e non ne era stato informato nessun altro collega del governo, né il presidente del Consiglio" "Niente percosse" - Alfano aggiunge poi che sono "infondate" le informazioni riportate sulla stampa, secondo le quali il cognato di Alma Shalabayeva (la donna espulsa nella notte tra il 28 e il 29 maggio, ndr) è stato "percosso". Anche questo passaggio è stato tratto dalla relazione del capo della polizia. Il vicepremier continua sottolineando come "in primo luogo va ribadito che in nessuna fase della vicenda, fino al momento dell'esecuzione dell'espulsione con la partenza della donna con la bambina, i funzionari italiani hanno avuto notizia alcuna sul fatto che Albyazov, marito della cittadina kazaka espulsa, fosse un dissidente politico fuggito dal suo Paese e non un pericoloso ricercato in più Paesi per reati comuni". "In nessun momento - scrive ancora Pansa nella relazione - è pervenuta o è stata individuata negli archivi di polizia informazione che rivelasse lo status di rifugiato dello stesso Ablyazov". Teste che cadono - Dopo la prima testa caduta, quella di Procaccini, Alfano annuncia anche di aver chiesto "l'avvicendamento del capo dipartimento di pubblica sicurezza" e "una profonda riorganizzazione" del dipartimento stesso. Il vicepremier sottolinea poi come "nel corso dell'intera istruttoria e dalla consultazione di tutta la documentazione fornita non risulta che Shalabayeva Alma o i suoi difensori abbiano mai presentato o annunciato la domanda di asilo, pur avendone la possibilità, nè è risultato che la citata cittadina kazaka abbia mostrato o affermato di possedere un permesso di soggiorno rilasciato da paesi Schengen, cosa che hanno fatto i difensori solo in sede di ricorso contro il provvedimento". 

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