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Berlusconi, il patto tradito tra Pd e Cavaliere che farà saltare Letta

Giulio Bucchi
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"Mi hanno tradito", ripeteva ai suoi Silvio Berlusconi, furibondo vista la piega degli eventi in Giunta per le elezioni. L'accelerazione del Pd, i cui membri insieme a quelli del Movimento 5 Stelle vogliono votare no, e subito, alle tre pregiudiziali avanzate dal relatore Andrea Augello (Pdl) dalle parti di via dell'Umilità è stata letta come un'imboscata belle a buona. Perché un patto, tradito, c'era davvero. Un'intesa per dare ossigeno non solo al Cavaliere (sui cui pende comunque la spada di Damocle della sentenza d'Appello sull'interdizione, che potrebbe arrivare già il 19 ottobre) ma soprattutto al governo Letta. E invece, tutto sta precipitando.  Il patto tradito - Ma qual è, anzi qual era questa intesa? Prova a svelarla il Corriere della Sera, secondo cui Berlusconi e Pd avevano trovato un compromesso a metà tra bizantinismo italico e pragmatismo nordico. I senatori democratici, scrive Francesco Verderami nel suo retroscena, avrebbero dovuto votare per la decadenza di Berlusconi rimettendo però la decisione definitiva sulle tre pregiudiziali sulla legge Severino all'aula del Senato. Un voto sub judice, dunque, quello della Giunta in attesa della valutazione del Senato. E che avrebbe permesso, per esempio, al Cavaliere di recarsi in Aula e parlare ai colleghi, per autodifendersi. La discussione, inoltre, avrebbe avuto tempi decisamente più lunghi rispetto alla Giunta. I più "ottimisti" parlavano addirittura di gennaio 2014 come traguardo d'arrivo. Tre mesi abbondanti di possibilità di mediazione (anche col Colle) senza contare i ricorsi alla Corte costituzionale e alla Corte di Giustizia del Lussemburgo e quella di Strasburgo sui diritti dell'uomo. Chi ci rimette - Un patto saltato, però, per volontà dei pasdaran del Pd. Troppo ghiotta l'opportunità di avere su un piatto d'argento la testa del Cavaliere, nel giro di un paio di giorni. E chissà che con la testa di Berlusconi non rotolino anche quelle di Letta (a meno che, in caso di crisi, il Quirinale non spinga per un governo di scopo Letta-bis, improbabile al momento) e quella di Matteo Renzi. Che sarà sì candidato premier del Pd, con ogni probabilità, ma che perlomeno se si andasse a votare subito non potrà mai essere segretario del partito. E anche queste, per certi pasdaran, sono soddisfazioni. di Claudio Brigliadori

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