Luigi di Maio da barzelletta, nei Cinque stelle 3 massoni e 14 (non 8) furbetti
Ma dove vai se il massone non ce l' hai. E occhio ai fidanzati ladri, e attenzione ai commercialisti distratti. E vieni avanti, scontrino. E via così. Sarà pure «tutta pubblicità» come rassicura Beppe Grillo, ma il fatto che, oramai ogni giorno, sul Movimento Cinque Stelle si rovescino notizie disarmanti, be', alletta i titolisti dei giornali, e aumenta la sensazione di una vischiosa pochade elettorale. Dopo l' inevitabile espulsione di otto parlamentari che hanno occultato le proprie indennità destinate al Fondo per il microcredito; dopo la materializzazione del potente eurodeputato David Borrelli (di cui si conoscono più le velleità per fondare un nuovo partito con l' ex assessore romano Massimo Colomban che il conto in banca) nel gruppo misto; ecco che spunta, a detta de Il Foglio, un secondo massone candidato nel Movimento Cinque Stelle, tal Pietro Landi candidato per la Camera a Lucca; e, un terzo fratello col compasso, Bruno Azzerboni, candidato all' uninominale in Calabria. Leggi anche: Qualcuno aiuti Scanzi, l'ultima sparata su Di Maio: siamo al delirio UNA POCHADE Mentre il solito, tignoso, inviato delle Iene, Filippo Roma, continua ad infoltire la lista dei pentastellati che hanno mentito sui rimborsi. Secondo il programma di ItaliaUno sarebbero molto più portati al fare la cresta più di quanto si potesse immaginare: «Di Maio (dopo le prime fiammate dell' inchista di Roma, ndr) ha così comunicato che sarebbero otto i parlamentari morosi, con un buco di quasi 800mila euro ma, secondo la nostra fonte, sarebbero quasi il doppio. E i parlamentari coinvolti nella mancata restituzione di parte del loro stipendio sarebbero 14, e nei prossimi giorni vi daremo ulteriori aggiornamenti, perché prima vorremmo incontrarli...». Ora lo psicodramma s' arricchisce di nuovi, appassionanti particolari. La deputata riminese Giulia Sarti, sconvolta, con tono alla Moll Flanders, accusa «l' ex fidanzato» di aver truccato la contabilità sui rimborsi al fondo per le Pmi. Il deputato torinese Ivan Della Valle, poi, spezia la sua personale Rimborsopoli con un tocco d' esotico; accusato da Luigi Di Maio di non aver restituito 270 mila euro al Movimento, Ivan il grande ha coscenziosamente lasciato Rivoli per fuggire a Casablanca. «Da padre a figlio gli ho consigliato di andare via per un po'», ha commentato il padre Mauro alla testata TorinoOggi; e lo ha fatto, ovviamente contrito, accompagnando il figliolo all' aeroporto in direzione Marocco. In serata, Della Valle smentisce: «Non fuggo, mio padre è stato male interpretato». La senatrice pugliese Barbara Lezzi, anch' essa braccata dalle Iene, una delle punte di diamante del partito, si difende dicendo d' essere involontariamente stata vaga come una stella dell' Orsa nella registrazione dei propri bonifici (e probabilmente non sarà espulsa). E, intanto i cronisti si sbizzarriscono nel fare le pulci alla «banda degli onesti». Dettagli al limite della prurigine, se si vuole. C' è, nel M5S, chi spende duemila euro al mese di affitto a Roma, chi ad agosto, a Camere chiusa, ha sborsato settemila euro d' albergo; chi in cinque anni ha speso più di 150mila euro in consulenze non meglio precisate. Il tema della trasparenza, insomma, ritorna prepotente. L' ESEMPIO DI SBERNA E, nonostante la pochezza delle somme "sottratte" all' impegno col Movimento e al patto d' onestà con gli elettori, la figura di palta per il Movimento ha un' assoluta valenza piscologica. Sicchè ecco il geniale colpo di marketing del capo politico Di Maio. Il quale dal Blog delle stelle rilancia: «Oggi propongo il primo di una serie di temi per una convergenza di governo. Tutti i partiti firmino adesso questo atto in cui si impegnano a votare la proposta di legge che dimezza lo stipendio dei parlamentari e introduce la rendicontazione puntuale dei rimborsi». Per i politici il portafogli è un Moloch naturale. Ci fosse stato un collega, un Renzi, un Salvini, un Grasso che abbia accolto la proposta di Di Maio. Il quale, toccato il nervo scoperto, aggiunge: «Abbiamo dimostrato che un parlamentare può vivere più che dignitosamente dimezzandosi lo stipendio. I partiti si pappano il doppio dello stipendio e si intascano tutti i rimborsi senza rendicontare niente a nessuno». E il candidato premier ha assolutamente ragione. Anche se qualcuno ricorda che, la stessa affermazione, Di Maio l' aveva già fatta nell' ottobre del 2016; ma, allora, su 13196 euro mensili precepiti gliene erano rimasti in tasca 9991, che non è nè metà dello stipendio, ed è comunque «lontanissimo dal tetto dei 3mila imposto da Grillo» (La Stampa). Intendiamoci. La media dei grillini restitusce davvero alla comunità gran parte dello stipendio. Ma, in realtà, l' unico parlamentare che si tiene per sè solo 2500 euro al mese «più che sufficienti per vivere» e ne dà il resto, più di 10mila, in beneficenza è Mario Sberna, 5 figli, eletto con Scelta Civica. Un francescano allo stato brado che merita davvero la standing ovation. Sicchè, quando Aldo Giannuli, 65 anni, storico, profondo conoscitore del Movimento, amico e consigliere di Gianroberto Casaleggio si sfoga affermando: «La sbruffonaggine è sempre un boomerang. Questo scandalo, di per sé piccolo, farà capire a Di Maio e i suoi di abbassare la cresta», be', ci sentiamo di sottoscrivere... di Francesco Specchia