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Vittorio Feltri: "Luigi Di Maio rifiuta Berlusconi che è già fuori"

Matteo Legnani
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All'uscita dallo studio di Elisabetta Casellati, Luigi Di Maio ha ribadito la sua disponibilità a un "contratto di governo" con la Lega di Matteo Salvini, respingendo però di volersi sedere al tavolo coi leader degli altri due partiti del centrodestra (Forza Italia e Fratelli d'Italia) e di volere ministri di quegli stessi due al governo coi 5 Stelle. L'editoriale di Vittorio Feltri sul numero di Libero di oggi 19 aprile si è rivelato, per molti aspetti, decisamente profetico... Vorremmo pacatamente dire a Luigino Di Maio nonché ai suoi adepti del Movimento 5 Stelle che molti dei loro ragionamenti si basano sulla muffa della politica, che sta avvolgendo e deteriorando le azioni compiute dai partiti. L' esempio più clamoroso della dabbenaggine imperante consiste nel fatto che i pentastellati si accaniscono contro Berlusconi come se questi fosse ancora un protagonista imprescindibile della scena romana, cioè decisivo per le sorti del Paese. Infatti pongono alla Lega una specie di diktat: per trattare sulla formazione del governo grazie a una alleanza bilaterale tra grillini ed ex nordisti, è indispensabile che questi ultimi rinuncino al Cavaliere. Il quale deve sparire, togliersi dai piedi perché giudicato impresentabile. Leggi anche: Vittorio Feltri: "Vi spiego perchè a Salvini non conviene mollare Berlusconi" Secondo i Cinquestelle, Silvio, essendo stato condannato con una sentenza definitiva, non ha il diritto di recitare ruoli pubblici. O se ne torna ad Arcore oppure con il Carroccio e con Fratelli d' Italia il Movimento 5 Stelle non aprirà alcun negoziato. Naturalmente ogni partito è libero di agire a piacimento e anche di rendersi ridicolo. Quello fondato dal comico genovese ha scelto la seconda opzione. In effetti non si è accorto che Berlusconi, pur occupando la presidenza di Forza Italia, non è più un membro del Parlamento e, pertanto, non conta nulla né alla Camera né in Senato, da cui fu espulso (ingiustamente) anni orsono, causa la applicazione retroattiva, e scorretta, della famigerata legge Severino, approvata perfino dai fessacchiotti del centrodestra. Cosicché Luigino Laqualunque si sta incaponendo con Salvini affinché questi scarichi il leader di Fi dalla coalizione, scordandosi - povero pistola - che Silvio non c' è né ci potrebbe essere in quanto radiato. Ora, se uno si batte come un leone allo scopo di estromettere dalle istituzioni un signore già eliminato dalle medesime, o è fuori di testa o fuori dal mondo. Forse entrambe le cose. Volendo attribuire a Di Maio una intelligenza di cui in realtà è privo, si potrebbe concludere che costui è un finto tonto che gioca la carta della cancellazione del paron di Mediaset quale pretesto per non stringere patti con Salvini. Se così fosse non rimarrebbe che domandarsi: perché i grillini, anziché arrampicarsi sugli specchi, non dichiarano subito che intendono far secca la compagine azzurra per indebolire il centrodestra e predisporsi a sbranare Salvini, ridotto in minoranza? Ai posteri, o meglio, ai postriboli l' ardua sentenza. La nostra ininfluente opinione è che Di Maio sia soltanto uno sprovveduto destinato a tornare presto sugli spalti dello Stadio San Paolo a fare l' unico mestiere adatto alla sua preparazione culturale: quello di steward a 3500 euro l' anno. di Vittorio Feltri

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