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Marcello Foa, la rivelazione sul quasi presidente della Rai: "Quello che ancora non sapete su di lui"

Gino Coala
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C' è un diavolo che non avevamo mai scoperto, e che all' improvviso è spuntato dagli inferi dove non si notava in mezzo agli altri. Ma ora è lì, tremendo con le sue corna, la coda a sputare fuoco e fiamme. Si chiama Marcello Foa e non appena Matteo Salvini & c hanno pensato a lui come possibile presidente della Rai il suo aspetto bestiale è stato sbattuto in faccia a tutti dagli unici che lo hanno intuito al volo: i vertici e i parlamentari del Pd. Da un 36 ore circa twittano ogni malefatta che avrebbe commesso quel diavolo del Foa: giornalista (quindi un po' iena dattilografa per la sensibilità della sinistra), sovranista (che è dire mezzo fascista), spia di Vladimir Putin perché di tanto in tanto veniva intervistato dalla tv russa Russia Today (RT), mezzo grillino, no euro, no vax, insultatore di Sergio Mattarella, stupratore della lingua italiana per avere usato un'«h» a sproposito, sia pure per un paio di minuti (poi si è corretto da solo) e mille altre nefandezze. Leggi anche: Senaldi, dopo gli attacchi da sinistra contro Foa: "E Forza Italia segue? Spieghi da che parte sta" / Video Posso confessare a Matteo Orfini, Matteo Renzi e alla schiera di manganellatori virtuali partita a un solo grido a dare giù botte al candidato presidente della Rai (capitanati dal nuovo Farinacci, Andrea Romano) di avere conosciuto e visto in faccia il diavolo. Leggevo Foa sul blog «Il cuore del mondo» che aveva e che tuttora ha su il Giornale, e mi è capitato di incontrarlo due estati fa a Polignano a mare dove entrambi eravamo stati chiamati a dibattere a una fiera culturale locale. BEN MIMETIZZATO Abbiamo passato qualche ora insieme a fare i turisti con mogli e i suoi figli cresciuti alla scuola francese: tutti deliziosi, curiosi di quel che andavamo a vedere, capaci di stare con gente conosciuta in quella mattinata, di ridere, di scherzare, di discutere anche di cose importanti del mondo con garbo e ascoltando tesi e persone diverse. Quella mattina sulla barca che faceva il giro turistico intorno alla costa salì anche Alessandro Di Battista, che aveva fatto una intervista in pubblico con me. I due si conobbero in quella occasione, e il diavolo naturalmente fece buona impressione sul leader grillino (fra vice Luciferi ci si intende al volo). Piccolo frammento di una lunga storia, perché se nessuno fin qui aveva notato corna e coda di Foa è perché in decenni si era mimetizzato benissimo. Primi passi in Svizzera, dove è cresciuto, alla Gazzetta Ticinese e al Giornale del Popolo. Poi nel 1989 per mimetizzarsi meglio si era fatto assumere dal Giornale di Indro Montanelli: lo aveva raccomandato un editorialista mezzo giornalista mezzo diplomatico israeliano, Vittorio Dan Segre, cofondatore di quel quotidiano scomparso qualche anno fa. Montanelli gli diede la qualifica di caposervizio e lo mandò a fare il vice agli Esteri. Quattro anni dopo lo avrebbe promosso caporedattore, lasciandolo agli Esteri. Ogni tanto Montanelli lo faceva scrivere di altro sulla prima pagina. Quando nel dicembre 1992 Foa mandò al suo direttore una lettera aperta sulla deriva del dipietrismo, il fondatore e direttore del Giornale la pubblicò in prima come editoriale e aggiunse in calce di suo pugno: «Questa lettera, caro Foa, potrei averla scritta io», che suonò come un rarissimo pubblico encomio di Montanelli. Al Giornale di proprietà di Silvio Berlusconi Foa restò fino al 2011, apprezzato da Vittorio Feltri come dai direttori che via via ne presero le redini: fu fatto perfino direttore del sito Internet. E anche quando quell' anno tornò nella sua Svizzera italiana per assumere il comando editoriale e manageriale del gruppo che pubblica il Corriere del Ticino e controlla altri media fra cui una tv (TeleTicino) e una radio (Radio 3i), non riuscì a tagliare il cordone ombelicale con il Giornale, restando sempre a bordo con il suo apprezzato blog. DISCESA AGLI INFERI Poi certo negli ultimi anni ha partecipato a convegni e tavole rotonde trovandosi spesso in sintonia con altri diavolacci come Paolo Savona, il suo allievo Antonio Rinaldi, l' imprenditore Arturo Artom, economisti come Claudio Borghi e Alberto Bagnai. Lì era chiaro che stava bazzicando l' inferno ed è pure vera l' accusa che gli fa indignato tutto il Pd: non ha mai condiviso l' attuale architettura europea, né ha mai visto i grandi benefici arrivati all' Italia con l' adozione dell' euro. Magari ha criticato Angela Merkel, in qualche occasione perfino il capo dello Stato, Sergio Mattarella, cosa che dovrebbe essere normale in un Paese libero, e non tabù come sostiene il Pd. E una decina di volte è stato intervistato come opinionista indipendente su questioni italiane ed internazionali da Russia Today, tv con cui si collegava ma da cui mai è contrattualmente dipeso. Mentre confondeva le acque a tutti ricevendo lo stipendio da Berlusconi, lodando sempre il suo mentore Montanelli, collaborando con la Bbc è riuscito pure a scrivere qualche saggio e romanzo assai apprezzato come Il ragazzo del Lago e Gli stregoni della notizia. Ma era solo un travestimento, ora finalmente smascherato dal Pd, che chiede a gran voce a Berlusconi di aprire gli occhi su quel Foa che è stato nella sua scuderia giornalistica per un ventennio... di Franco Bechis

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