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Alfano al bivio: si piega a Berlusconi oppure se ne va?

Angelino Alfano vicepremier e ministro dell'Interno

Berlusconi vuole riprendersi il partito, e in pochi giorni il segretario è tornato debole. Se non accetta le condizioni di Silvio può solo andarsene

Andrea Tempestini
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Borsino-Alfano, ovvero le montagne russe. Il segretario del Pdl, ora, è molto più debole rispetto a una manciata di giorni fa, quando il governo Letta incassò una fiducia per la quale si era battuto contro il leader, Silvio Berlusconi. Sembrava sul punto di prendere le redini del centrodestra, Angelino. Ma la politica è cosa mutevole, e nel corso di qualche settimana tutto pare essere cambiato. Su Palazzo Chigi si addensano dense nubi nere: l'ultimo deflagrante botto è stato quello dell'elezione di Rosy Bindi all'Antimafia. Ora l'esecutivo rischia di arrivare alla conta, al voto di fiducia sulla decreto Pa. Il bivio - Governo saldo? No, tutt'altro. E in questo contesto il Pdl sta per sparire: oggi, venerdì 25 ottobre, alle 17 l'attesissimo ufficio di presidenza degli azzurri dove con tutta probabilità si sancirà il ritorno a Forza Italia. E il contestuale azzeramento delle cariche deciso dal Cavaliere. L'azzeramento delle cariche, come ovvio, coinvolge anche Alfano: resterà vicepremier, resterà ministro degli Interni, resterà colomba ma non sarà più segretario. Angelino, dunque, è giunto al bivio: Berlusconi vuole riprendersi il partito, e lui deve decidere dove stare. La conta - Per l'attuale segretario, una scissione sarebbe "una sconfitta per tutti". Eppure, ad oggi, i lealisti - la ridefinizione del concetto di falchi, riuniti da Raffele Fitto - sono in maggioranza. Lo sono in particolare all'interno dell'ufficio di presidenza, dove ciò che il Cavaliere vorrà, sarà semplicemente votato. Punto e basta. Dunque il ritorno a Forza Italia. Dunque un partito che si pone in posizione di rottura rispetto alle larghe intese. Da che parte sta, Angelino? Attendista - Come detto, a parole nessuno vuole la rottura. Né Alfano né Fitto, secondo il quale sarebbe una soluzione assurda e inconcepibile. Ma tra poche ore il segretario che non sarà più segretario andrà in minoranza. Alfano non ha molte opzioni: o accetta le condizioni di Berlusconi, o molla. Nel primo caso potrebbe attendere la (probabile) nomina a vicepresidente di Forza Italia (ma così resterebbe il numero due), e contestualmente potrebbe aspettare la decadenza di Berlusconi, una sorta di "anno zero" per gli azzurri. "Strappista" - Con il Cav fuori dai giochi, però, non è affatto scontato che la posizione di Alfano si rafforzi. Il partito sarebbe ancor più sul piede di guerra, e per le colombe l'aria sarebbe irrespirabile: in molti, infatti, puntano il dito contro il Partito democratico, l'alleato di governo. Se invece Alfano non si piegasse ai diktat di Berlusconi come opzione gli resterebbe soltanto l'addio. A quel punto potrebbe percorrere due strade, partendo dallo stesso presupposto: uscire dal partito. Poi potrebbe fondare un movimento destinato ad allearsi con Forza Italia. Oppure potrebbe crearne un altro, rivale, alternativo: una forza politica - magari vicina ai "centrini" - che sancirebbe la fine definitiva del suo sodalizio con Berlusconi.

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