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Vittorio Sgarbi a Pietro Senaldi: "Mi compro il Cervia e sfido Silvio Berlusconi. Anche in politica"

Davide Locano
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«Comprerò il Cervia e sfiderò il mio amico Berlusconi, prima nel calcio poi in politica. Fonderò il Cervia con il Milano Marittima, così il nome della squadra ricorderà quello del glorioso Milan del Cavaliere che fu e batteremo il Monza. Costringerò Silvio a tifare per me contro Galliani, nuova guida della squadra brianzola». Vittorio Sgarbi dà l'annuncio scapigliato, in accappatoio, affacciato sul mare dalla sua camera d'albergo nell'ultima domenica della stagione romagnola. «È un grande amarcord», spiega meditabondo il critico d'arte e parlamentare azzurro, «c'entra il calcio, dove non sono un grande esperto ma c'entrano anche la politica e la memoria: mia madre mi portava qui in vacanza da bambino, questo acquisto è un omaggio a lei e al mio amico Silvio. Quando guidava il Milan insistevo sempre per farlo gemellare con il Milano Marittima, questione di cuore e di parole affini». Perché ritiene che il suo acquisto sia anche un atto politico? «Silvio è stato grande nella politica quando era anche grande nel calcio. Ora ha deciso di provare a risorgere e si candida alle Europee. Io condivido a tal punto la sua idea - che peraltro ho stimolato a casa sua quest'estate - da volerlo imitare. Voglio che anche la mia nuova stagione politica riparta da un'impresa sportiva». Siamo al piccolo cabotaggio però, il Milan era campione del Mondo, il Cervia… «Sempre meglio del Monza: qui c'è più sole e voglia di vivere che in Brianza. E poi conta dove arriveremo, non da dove partiamo. La politica oggi non la fai in Parlamento e neppure in tv, ma inventando nuove forme di comunicazione che ti garantiscano un costante filo diretto con l'elettorato». Mi racconti come ha convinto Berlusconi a candidarsi alle Europee, se è vero che è stato lei... «Silvio non aveva nessuna voglia di candidarsi, l'ho convinto puntando sul suo ego, e ovviamente così ho avuto gioco facile». Di tutti i parlamentari di Forza Italia, Sgarbi è il più tranquillo nei confronti del futuro, e non solo perché è uno dei pochi che ha un altro lavoro remunerato molto meglio. «Ho tutto chiaro in testa, poi le racconto; ma ora voglio tornare a quelle giornate dello scorso Ferragosto a Villa Certosa, da Silvio, un maestoso Luna Park per adulti. In quell'immenso giardino delle meraviglie Berlusconi ha fatto installare anche un autoscontro a grandezza naturale? Per noi eterni bambini è più strabiliante perfino del vulcano, che quando viene azionato simula un'eruzione con tanto di lava e terra che trema». Non divaghi, non è a teatro... «Eravamo in una condizione molto amena e io provavo a parlare di politica, ma non se ne veniva fuori, Silvio era distratto, non aveva voglia. Gli proponevo di spacchettare Forza Italia, che non può tornare sopra il 25% senza inventarsi qualcosa di nuovo, e presentarsi alle Europee, come in Molise, con tre-quattro liste, di modo che chi non volesse più votare lui potrebbe comunque scegliere un clone degli azzurri. Pensi che con questa formula a primavera nella Regione Forza Italia di fatto è tornata al 30%. Naturalmente nel progetto una lista sarebbe stata la mia, Rinascimento, per garantire un'offerta culturale e di bellezza». Capisco che Berlusconi non la stesse a sentire, che voglia può avere di smantellare Forza Italia? «Ma io gli chiedevo, per iniziare, solo una decina di senatori con i quali costituire un gruppo parlamentare da battezzare “Rinascimento Civiltà Italiana”, propedeutico allo schema Molise. D'altronde bisogna essere realisti, Forza Italia è al 10, con una costellazione di partitini può salire. Silvio comunque non ne voleva sapere, e allora ho cambiato schema e gli ho detto: “Candidati alle Europee, fai questo sacrificio e salva Forza Italia, la tua creatura”, non potevo mollare». E lui come ha reagito? «Si scherniva, non voleva, si definiva “un pensionato ormai”, mi ha confessato di temere di non aver più lo stesso consenso di un tempo. “Gli elettori non mi vogliono più bene” diceva. È lì che ho fatto appello al suo orgoglio. Conosco bene l'uomo, so che anche quando si nasconde ha comunque una sconfinata fiducia in se stesso, perfino irrealistica, gli basta solo che un amico vero lo rinfranchi. Così gli ho spiegato che, se non faceva qualcosa, senza di lui Forza Italia sarebbe finita in maniera indecorosa alle Europee, al 7%, anche meno. Si sarebbe dissolta. Ma se Silvio si sacrifica e scende in campo, il partito può arrivare al 12. Lui ci ha creduto al punto che a Fiuggi ha detto che tornerà al 28, facendo una crasi tra i suoi sogni e il mio progetto di spezzatino. Mi ha promesso che comincerà la campagna elettorale da Sutri, il Comune in provincia di Viterbo dove sono sindaco». C'è chi sostiene che, candidandosi, il Cavaliere rischia di andare al massacro, doppiato o triplicato da Salvini nelle preferenze… «Sì, Mimun lo metteva in guardia, teme che i grillini gli candidino contro uno come Di Battista, che possa batterlo nettamente. Ma sarebbe comunque un dettaglio. Silvio non può più essere il numero uno, ma può portare il suo partito a un risultato accettabile. La sua storia politica non può finire con lui estromesso dal Parlamento con la legge Severino. Silvio merita il riscatto e questo gli può arrivare solo da un'elezione. Deve recuperare quello che gli hanno tolto ingiustamente». Berlusconi numero due però non me lo vedo... «Non può farlo. Infatti, una volta eletto, dopo tre o quattro mesi deve annunciare il suo addio alla vita politica attiva, restando europarlamentare ma di fatto ritagliandosi un ruolo da padre nobile, come Kohl. La circostanza di essere eletto a Bruxelles gli garantirebbe una certa distanza dalle cose italiane e un ruolo quasi super partes. Però intanto avrebbe fatto un bel regalo ai suoi e a Tajani, con il quale si avvicenderebbe in Europa e al quale consegnerebbe un partito ancora vivo». Ma gli conviene? «Se non si presenta alle Europee, di fatto Silvio si ritira. Meglio candidarsi e poi da fuori dare direttive per i prossimi cinque anni. È un modo per uscire di scena alla grande». E lei, cosa farà da grande? «Sto valutando di fare un blocco parallelo a Fratelli d'Italia, che a quel punto si scongelerebbe dalla destra per fare una nuova forza sovranista. Io valgo il 2%, Giorgia il 4, se si aggiungono altre personalità affini come Tremonti o, benché mi facciano orrore, Fitto e Cesa, che alle Politiche hanno fatto l'1,2%, possiamo arrivare al 7 e dire la nostra. Ad Atreju abbiamo fatto le prove generali e la Meloni ha di fatto lanciato questo nuovo soggetto». Non so se alla presidente di FdI conviene… «L'elettorato di centrodestra non si esaurisce nella Lega e in Forza Italia. È importante che Fdi dia vita a un primo nucleo di Civiltà Italiana». Ma lei è sovranista? «Io? Certo, sarei favorevole perfino al ritorno della lira. Sono perché i Paesi siano più forti dell'Unione Europea. Ma la parola sovranismo non mi piace, come tutti gli “ismi” sa di retorica. Preferisco definirmi a favore del primato dell'identità nazionale e per la civiltà italiana. Se, come mi auguro, vinceranno i partiti sovranisti, si configurerà una nuova Europa, dove le nazioni saranno prevalenti ma sullo stesso piano, non come oggi». Se è sovranista, perché non va con Salvini? «Mi piace moltissimo. È l'unico ad aver risolto i suoi problemi, fra un anno sarà premier». Mi racconti il film… «Per Silvio perdere da Matteo è stato peggio che perdere due volte da Prodi, perché di fatto l'ha estromesso dai giochi, non potendo egli fare il numero due. Quando Salvini chiese a Silvio il permesso di allearsi da solo con Cinquestelle, sconsigliai Berlusconi, gli spiegai che conveniva andare a votare, ma lui non mi ascolta mai». Ma se lei è il solo forzista ad avere votato la fiducia al governo, dicendo a Di Maio: «Io prospero nel caos e tu me lo garantisci»... «Avevo ragione. Una volta fatto l'errore di dare il via libera al governo, bisognava avere la forza di difenderlo. Ho votato la fiducia per schiacciare Di Maio, che ha più voti ma vale meno come politico, sotto il peso di Salvini. Se Forza Italia avesse votato la fiducia oggi potrebbe sostenere che al governo c'è tutto il centrodestra più un pezzetto di M5S e Forza Italia avrebbe potuto rivendicare come propri i ministri Tria, Savona e Moavero. Sarebbe stata una mossa geniale». Visti la manovra e Tajani, che dice che «fermare questo governo sarebbe un atto d'amore verso il Paese» forse oggi Forza Italia si troverebbe in una difficoltà politica maggiore di quella in cui già è… «Ma sarebbe andato tutto diversamente. È naturale che Salvini si trovi meglio a dialogare con Di Maio, il quale è una ragazzina morbida che accetta di essere sovrastato pur di restare al governo, piuttosto che con Berlusconi, visti i mille problemi psicanalitici che ci sono nei loro rapporti, ma è una situazione congiunturale. Dopo il successo alle Europee e alle Regionali, Salvini che ora è premier ex aequo con Di Maio, con Conte vice di entrambi, si accorgerà di avere con il centrodestra unito un netto vantaggio su M5S, si stuferà di condividere il potere e abbandonerà i grillini. Alle prossime elezioni, con la Lega al 32, Silvio al 10, io e la Meloni all'8, il centrodestra avrà la maggioranza assoluta». di Pietro Senaldi

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