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Giuseppe Conte, la notte tragica: minaccia le dimissioni, e poi...

Davide Locano
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La maggioranza che doveva durare cinque anni è già alla frutta. La coalizione gialloverde sembra non riuscire a reggere l'urto delle polemiche intorno alla manovra. Fantomatici guastatori hanno infilato nel decreto fiscale uno scudo per gli evasori. Luigi Di Maio non tiene il partito. Sabato e domenica al Circo Massimo c'è la festa dei Cinquestelle. Potrebbe trasformarsi nel funerale della sua leadership politica. Giggino vuole sistemare la cosa in fretta. Chiede la convocazione di un consiglio dei ministri che elimini le misure imbarazzanti. Giuseppe Conte gli fa da sponda, ma Matteo Salvini non ne vuol sentir parlare. «Quale cdm», domanda, «e per fare cosa? Io sono in Trentino, poi entro il clima derby». Domenica c'è la stracittadina milanese. Il ministro dell'Interno non ha buchi in agenda. Ma soprattutto non ne vede il bisogno: «Io quando firmo un contratto o approvo un decreto, mantengo la parola. Non è che possiamo ricominciare da capo. Non ci sono regìe occulte, invasioni di alieni o scie chimiche», percula gli alleati, il vice premier, «in consiglio dei ministri c'erano tutti, mica solo io». E gli altri ministri leghisti gli fanno eco: non andremo a nessun consiglio dei ministri. Leggi anche: "Crisi di governo? La escludo, ma...": occhio alle parole di Conte Come siano andate le cose resta complicato da ricostruire, perché ci sono varie versioni al riguardo. La tesi dei grillini, quella della «manina» che nottetempo ha infilato contenuti nel decreto fiscale a loro insaputa, è quella meno credibile. Una bozza del 13 ottobre, distribuita due giorni prima del consiglio dei ministri, già prevedeva lo scudo fiscale, offrendo al contribuente moroso la possibilità di regolarizzare anche l'imposta sul valore degli immobili all'estero e l'imposta sul valore delle attività finanziarie all'estero. COLPA DELLA CASTELLI? Resta in ballo la teoria della superficialità. Di Maio e gli altri ministri grillini non hanno approfondito i contenuti che stavano per approvare. Giggino, poi, ha passato la serata a condividere sui social i contenuti marchiati Cinquestelle, come poteva rimanere concentrato su quello che era in votazione? Il problema è che il giorno dopo Casaleggio gli ha chiesto conto di quello che aveva fatto. Così i ministri pentastellati hanno prima provato a dare la colpa alla vice ministra dell'Economia Laura Castelli per la mancata vigilanza sul testo. Poi a presunti boiardi infiltrati dal Pd nei ministeri. E alla fine hanno chiesto a Conte di riconvocare il consiglio dei ministri per sistemare la cosa. E il premier ha eseguito: «Il cdm ci sarà, lo convoco io, non Salvini», ha fatto il duro (minacciando anche in privato le sue dimissioni se non verrà trovata una soluzione, hanno riferito fonti governative leghiste e grilline) in una giornata trascorsa a Bruxelles nell'indifferenza generale dei partner europei. Anche gli altri grillini corrono in soccorso di Di Maio: «Io sono fermamente contrario a che ci sia questo articolo», fa sapere il presidente della Camera Roberto Fico. Nel testo del decreto fiscale, gli fa eco il ministro dei Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro, «sono state inserite norme non concordate in consiglio dei ministri. Se qualche nostalgico del passato pensa di fermare il cambiamento si sbaglia, quelle norme spariranno». Interviene anche il ministro dell'Ambiente Sergio Costa: «A me i condoni non piacciono, mi fanno venire il mal di stomaco». Da parte sua la Lega inneggia alla «manina» sul bilanciamento della Rc auto tra Nord e Sud: «Una norma mai vista, né condivisa», assicura il vice ministro dell'Economia Massima Garavaglia. «SERVE UN VERTICE» Smentito poi dai Cinquestelle. Su questo e sul condono: «Lunedì, prima del consiglio dei ministri c'è stato un tavolo politico in cui l'accordo raggiunto prevedeva nessun condono penale e niente scudo fiscale sui capitali esteri. Adesso Garavaglia e la Lega ci dicono che approvano una norma che introduce condoni penali e scudi fiscali per capitali all'estero? Allora c'è un problema politico», dice la viceministra Castelli. Di «problema politico» parla anche Luigi Di Maio in serata. È necessario anche un vertice di maggioranza oltre che un nuovo consiglio dei ministri, rilancia il titolare del dicastero dello Sviluppo economico e del Lavoro. In Translatlantico in queste ore girano voci drammatiche. Che parlano di rimpasti (fuori i ministri Toninelli e Trenta) o di una crisi di governo improvvisa: Lega e Cinquestelle per la prima volta cedono contemporaneamente nei sondaggi. Ma Salvini assicura: «Andremo avanti 5 anni». di Salvatore Dama

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