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Matteo Salvini, Roberto D'Alimonte e i "due dossier che possono fregarlo". Lega, adesso è allarme rosso

Giulio Bucchi
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L'alleanza tra Lega e M5s è in crisi ma reggerà fino alle elezioni europee. Il professor Roberto D'Alimonte, politologo e direttore del Centro di studi elettorali della Luiss-Guido Carli, esclude la caduta a breve del governo e considera prematuri i ragionamenti su un nuovo polo Pd-grillini. Matteo Salvini, spiega, non andrà a processo sulla Diciotti e nemmeno il remoto scenario di un voto favorevole al rinvio a giudizio creerà i presupposti per la fine dell'esecutivo. Piuttosto, avverte D'Alimonte, "ci sono due dossier che rischiano a lungo andare di indebolire Salvini, l'autonomia differenziata e la Tav". Leggi anche: "Finisce l'ubriacatura e...". Giorgetti, la pesantissima frase rubata: quando cade il governo Sull'autonomia, analizza il politologo, il leader leghista "sta subendo le pressioni dei governatori leghisti di Veneto e Lombardia che vogliono una risposta prima del voto europeo, anche loro hanno necessità di concretizzare. E sulla Tav ci sono pressioni e ragioni anche europee". Difficile che si arrivi però a un voto anticipato a breve: "I leghisti dovrebbero rompere entro questo mese per poter votare a fine aprile o maggio stesso, con l'incognita però di cosa deciderebbe il Quirinale". Anche perché a quel punto l'ipotesi più percorribile, ma pure la più rischiosa, sarebbe quella di un governo di centrodestra con 50 transfughi grillini, sempre ammesso che il presidente Sergio Mattarella acconsentisse al ribaltone. "Neppure Salvini direbbe mai di sì, non gli conviene, farebbe la fine di Matteo Renzi. Salvini vuole diventare presidente del consiglio ma forte della legittimazione popolare. Incassato il voto delle elezioni europee, se ne riparlerà".

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