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Giulia Sarti, le intercettazioni che hanno fregato la grillina manettara

Gino Coala
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Chi di intercettazioni ferisce, di intercettazioni perisce. «Avevamo promesso durante la scorsa legislatura che se fossimo arrivati al governo avremmo bloccato l' entrata in vigore della legge sulle intercettazioni e lo stiamo facendo»; «noi vogliamo potenziare lo strumento delle intercettazioni»; «è solo il primo passo. Ce la metteremo tutta nell' interesse dei cittadini onesti che hanno il diritto di avere risposte da una giustizia efficiente». Così parlò Giulia Sarti, la Giovanna d' Arco pentastellata, bravissima nel darsi fuoco da sola. Sarti, 32enne novella vergine d' Orleans, solo il 28 giugno 2018, da fresca presidente della commissione Giustizia della Camera, aveva tuonato a favore delle intercettazioni contro la "legge bavaglio" dell' allora guardasigilli Andrea Orlando. E ora, proprio a causa dell' intercettazione delle sue chat, la Procura di Rimini l' ha di fatto accusata di aver distratto 23mila euro di "versamenti volontari" dalle casse del suo partito, il Movimento 5 Stelle. Quando si dice la crudeltà della nemesi storica. Leggi anche: Giulia Sarti, l'accusa dell'ex fidanzato al M5s: "Tutti sapevano tutto" Ricapitoliamo. Prima delle elezioni politiche scorse "Le iene" avevano scoperto che, tra gli altri parlamentari, Sarti, invece di adempiere agli impegni preelettorali col M5S, aveva falsamente bonificato del denaro che non era mai finito nel fondo pentastellato per le piccole imprese in difficoltà. Per evitare di essere radiata dalle liste delle candidature la dolce Sarti pensò bene di denunciare l' allora fidanzato Andrea De Girolamo, in arte Tibusche Bogdan; e l' accusò di essersi intascato il grano, e di essere stato un orrendo gestore del suo stipendio. I MESSAGGI Nel colloquio via Telegram col suddetto Bogdan salta fuori che la richiesta di sporgere denuncia nei confronti del moroso sarebbe arrivata proprio dai responsabili della comunicazione del movimento, Ilaria Loquenzi e Rocco Casalino: «Tesò, le Iene hanno i nomi da mesi e mi hanno chiesto se denuncio te perché mi stanno chiedendo come uscire da questa storia (...) me l' ha chiesto Ilaria con Rocco. Per salvarmi la faccia...». Insomma, era una questione di faccia. E fu così che, con la sua bella faccia di tolla, la candida Giulia non solo denunciò "Tesò" (che oggi minaccia controquerela per calunnia), ma riuscì, con un colpo di genio, a salvare la propria reputazione agli occhi degli elettori; e scalò il partito sempre all' imperituro grido di "Onestà" e "Vergogna"; e issò con ferocia, ad ogni sua uscita pubblica, il vessillo del giustizialismo. Che, infatti, dopo, s' è visto LA REPLICA Oggi, Rocco Casalino, portavoce di Palazzo Chigi, afferma che «Sarti si è probabilmente coperta dietro il mio nome con l' allora compagno, se avessi saputo di questi ammanchi o di giri strani l' avrei immediatamente riferito al capo politico e ai probiviri. Io non tutelo i parlamentari, ma il Movimento, come sanno tutti». E, onestamente, conoscendolo, non abbiamo alcuna difficoltà a credergli. Rocco ha evidentemente tenuto per buona la versione della sua parlamentare, non aveva motivo per non farlo. E, giustamente, ora Di Maio invoca per la presidente della Commissione Giustizia (ma come diavolo li selezionano?) le immediate dimissioni attraverso «un atto doveroso». E la Giulia, quelle dimissioni le ha annunciate, assieme all' autosospensione dal partito, e probabilmente le darà. A meno che non l' espellano prima. La qual cosa, al di là dell' aspetto etico, di cui i parlamentari hanno di solito un concetto rarefatto, la sposterà semplicemente nel gruppo Misto; dove la tenera Giulia percepirà a pieno uno stipendio che, altrimenti, avrebbe dovuto dividere con i Cinque Stelle. Passerà tutto, come al solito. Resta, appunto, la nemesi. Le intercettazioni usate per tradizione come strumento politico dei grillini, diventano il plotone d' esecuzione della loro stessa cattiva politica. di Francesco Specchia

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