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Lega, Mario Borghezio e il terribile sospetto sui guai giudiziari del partito: perché Matteo Salvini trema

Gino Coala
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Ora che al leghista Armando Siri è stata revocata la delega da sottosegretario, l'europarlamentare del Carroccio Mario Borghezio, che non sarà ricandidato, presenta il conto. Tra gli ultimi baluardi della vecchia guardia bossiana, Borghezio in un'intervista a Repubblica ribadisce che, fosse dipeso da lui, Siri "non l'avrei messo al governo". E il motivo è ben preciso: "Non mi piacciono quelli venuti da fuori, Siri mi sembra uno estraneo al nostro mondo". Leggi anche: Borghezio spara contro Lega e Salvini: "Un crimine politico. Ora, il partito..." Nel mirino di Borghezio finisce inevitabilmente Matteo Salvini, che secondo lui ora paga il prezzo di aver allargato - per forza di cose, a causa del consenso - le porte di ingresso del partito: "Siamo diventati troppo grandi ormai". Una crescita esponenziale e rapidissima, al punto che uno come Borghezio, un tempo pilastro della Lega, oggi dice di non aver neanche mai conosciuto personalmente Siri: "Però mi ha colpito che gli hanno affidato la Scuola di formazione. Bisognava pagare 800 euro. Ideologicamente c'entrava con noi come io con l'islam. Così ne ho fatta una anch'io". Sullo scontro per le dimissioni del sottosegretario che ha portato alla resa in Consiglio dei ministri, Borghezio non ha nessuna intenzione di polemizzare con i vertici leghisti. Non si sbilancia per esempio sul perché Salvini abbia voluto Siri nell'esecutivo: "Non lo so. In questi casi la regola è semplice: meglio prevenire". C'è chi però potrebbe obiettare all'europarlamentare di aver un po' il dente avvelenato perché non è stato ricandidato: "Non me ne frega un ca***", chiosa con diplomazia.

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