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Dopo il voto, il caos: alta tensione al Quirinale. Retroscena: la più grande paura di Mattarella

Maria Pezzi
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 Altro che mummia dormiente. Magari gli piacerebbe. Ma non andrà così. Conoscendolo farà come Gesù sulla barca in tempesta, aspetterà che chi sta sulla barca lo svegli per chiedere soccorso. Ma con tutto il rispetto per Mattarella, Gesù era un tipo che placava a voce la tormenta, camminava pure sulle acque. Non esageriamo. A noi basta che il saggio e prudente capo dello Stato eviti il naufragio della tinozza, stabilisca una rotta passabile, magari getti pure in acqua chi vuole comandare a dispetto dei venti e degli eventi. Non siamo maghi. I sondaggi ingannano. Due cose sono però sicure. La prima è che gli equilibri tra le forze politiche il 27 maggio del 2019 saranno diversi da quelli del 5 marzo del 2018: quanto non si sa, ma diversi senz' altro. La misura di questa differenza è l' incognita risolvere la quale grava sulle spalle del Quirinale. E qui siamo alla seconda certezza: Sergio Mattarella dovrà stabilire se e come far pesare le variazioni dei consensi. E avrà per questo un mucchio di grane. Perché se dopo le elezioni politiche i criteri non si discutono: un seggio è un seggio; dopo le elezioni europee quanto vale un punto in più o in meno rispetto alle politiche? Vattelappesca. Quando Renzi salì al 40 per cento dal 25, non ebbe bisogno di chiedere nulla: era già premier. Usò quel gas di consensi supplementare per gonfiarsi, ed esplose. Stavolta sarà più complicato. Ci sono fattori multipli: le percentuali, ma anche la psicologia dei leader. Faranno cadere il governo chiedendone uno nuovo? Oppure domanderanno elezioni anticipate? Non è Re Giorgio -  A gestire queste pratiche sarà Sergio, che nessuno si sogna di chiamare re Sergio, tanto appare distaccato dai segni del potere a differenza di Re Giorgio (Napolitano) che in queste situazioni gongolerebbe e farebbe di tutto per avvantaggiare i suoi vecchi e nuovi compagni di sinistra. Mattarella nasce a sinistra, ma ha saputo immedesimarsi con il ruolo di arbitro che lascia giocare e fischia il meno possibile. In questa primavera '19 lo farà con polso morbido o fermo, fregandosene il più possibile e limitandosi a prendere atto, oppure interverrà ponendo aut aut, lanciando moniti? Di certo sarà più complicato. Alle elezioni politiche funziona il Var, i fuorigioco si possono stabilire al millimetro. Il riflesso interno di quelle europee è invece liquido se non gassoso, suscettibile di prospettive aleatorie. Uno ansioso impazzirebbe, Sergio di norma preferisce far impazzire gli altri. Ricordate Di Maio che svalvolò e chiese l' impeachment? Lui lo aspettò senza tradire il minimo trasalimento, e Gigino venne a Canossa. Stavolta non è escluso che, in ossequio al suo nome, una volta tanto vengano le mattane anche all' amabile signore siculo, ingiustamente trattato come ospite perfetto di un sarcofago, raffigurato nelle vignette nelle bende del faraone imbalsamato. In realtà è un travestimento, un modo per preservare la sua forza di carattere, che sa travestire da timidezza con i suoi toni cortesi. Per approfondire leggi anche: Elezioni europee, l'appello di Becchi: cosa c'è in ballo Di certo Mattarella avrà nella sua testa e su qualche foglietto disegnato alcuni scenari e le ipotesi del suo lavoro di mediazione. Ci saranno su e giù nelle percentuali di gradimento dei leader e dei partiti. Chi sale pretenderà che queste europee equivalgano alle politiche, e ne derivino conseguenze immediate. Chi perde risponderà che Bruxelles non è Roma, ma qualcosa dovrà mollare, il meno possibile però. Se questo discorso vale rispettivamente - si presume - per Salvini-Lega e per M5S-Di Maio, pure le attuali opposizioni metteranno il becco. Forza Italia e Fratelli anch' essi d' Italia faranno l' addizione delle loro percentuali con quelle del Carroccio, chiederanno o meno elezioni. Il Pd in eventuale ascesa farà la ruota ai grillini, i quali fingeranno di fare gli schizzinosi, ma in caso di Lega troppo pretenziosa faranno valere la somma dei seggi: M5S+Pd+Leu avrebbero la maggioranza. Arriva la grandine -  E ognuna di queste pretese si rovescerà come grandine sul Colle e sul collo di Mattarella. Costui è alieno da qualsiasi smania di protagonismo, a differenza del predecessore. Il candido e fin qui apprezzatissimo Capo dello Stato dovrà però comunque uscire dal castello in cui si è rimpannucciato dopo aver nominato Conte e i suoi ministri giusto un anno fa. Non che abbia dormito, anzi: ha vigilato, studiato, smussato, corretto discretamente, ma ha fatto di tutto meno che "scendere in campo": ora dovrà per forza prendere il pallino, come già fece nella primavera dello scorso anno. Allora doveva per forza assumere delle decisioni, avendo ascoltato tutti. Le prese. Tenne il punto, trovò una quadra che pareva impossibile. Poi è rientrato nelle sue stanze. Se terrà fede al suo metodo, il titolare del Quirinale interverrà il meno possibile. Stavolta però magari ci sarà bisogno della fase 2 di Mattarella, ad imitazione di quella di Cossiga, che dopo anni di silenzio non ruppe solo il silenzio. Va be', non esageriamo. Cossiga si è portato via il piccone. Non il piccone, ma andrebbe benissimo - per insistere nel gioco di parole - un mattarello di legno: elegante ma duretto. di Renato Farina 

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