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Silvio Berlusconi, Fabrizio Cicchitto: "Cosa gli è appena accaduto, la verità sul caos in Forza Italia"

Davide Locano
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Caro direttore, mi consenta di sviluppare su Berlusconi e su Forza Italia alcune considerazioni derivante anche da un' esperienza politica diretta che non mi porta però ad avere il complesso astioso dell' ex perché anzi, visto quello che offre il mercato, io auspico un rilancio di Fi. Certo, non c' è dubbio però che se un leader, nel momento più grave della vicenda italiana, cioè nel 1994, fonda un partito grazie al suo carisma, ai suoi soldi, alle sue tv e ai suoi giornali e al suo coraggio («ti faranno fare la fine di Craxi», prevedevano Confalonieri e Letta e ci sono andati vicino) e ha il merito storico di aver salvato la democrazia italiana evitando che i pieni poteri fossero acquisiti dai pm di Mani Pulite e dall' ultragiustizialista PDS a un certo punto, arrivato a 82 anni, decide di chiudere baracca ha tutto il diritto di farlo. Diverso però è il discorso se Berlusconi quel partito in crisi vuole rilanciarlo. Leggi anche: Claudio Martelli, l'anti-leghista si schiera: "Perché ha ragione Salvini" Allora, si deve aprire tutto un altro discorso perché le ragioni della crisi non stanno nei cosiddetti traditori che avrebbero lasciato il partito, ma in una serie di errori politici commessi anche da Berlusconi e che hanno provocato le ripetute divisioni nei suoi gruppi dirigenti. Dopo l' exploit del 1994 Berlusconi capì che da solo non ce l' avrebbe fatta e oltre ai fondatori come Giuliano Urbani, Gianni Letta, Marcello Dell' Utri, Cesare Previti chiamò a raccolta grandi intellettuali (Giuliano Ferrara, Lucio Colletti, Gianni Baget Bozzo, Francesco Forte, Paolo Del Debbio) e una serie di cosiddetti professionisti della politica provenienti dalla DC, dal PSI e dai partiti laici. Tutti costoro guidati da Berlusconi costruirono un partito che non era affatto di plastica, ma radicato nel territorio come poi dimostrarono le elezioni locali. Tutto ciò, insieme all' unificazione con AN, portò il PDL nel 2008 al 38%. LA CRISI FINANZIARIA I guai cominciarono dal 2010 in poi. Della rottura Fini ha tutte le responsabilità, ma qualcosa per evitarla si poteva fare e non fu fatta malgrado gli sforzi di Giuliano Ferrara, di Denis Verdini e del sottoscritto. A fine 2010 il governo rimase in sella per 4 voti e giustamente Bossi sostenne la necessità delle elezioni anticipate. Berlusconi volle insistere, ma arrivarono la terribile crisi finanziaria, la vicenda tutt' altro che brillante delle cene eleganti e addirittura la rottura con Tremonti. A quel punto la via più ragionevole erano le elezioni (come sostenevano Brunetta e Matteoli), ma l' azienda e Berlusconi scelsero il governo Monti. Monti fece un governo di lacrime e sangue, alcune giustificate altre no. La conseguenza di quelle lacrime fu nel 2013 l' esplosione politica del Movimento 5 stelle, mentre Fi perse 6 milioni di voti e il PD 3. Dal 2013 in poi Berlusconi ha guidato la corazzata Forza Italia come se fosse un side-car, sterzando a destra e a sinistra: prima scelse la presenza nel governo Letta, dopo pochi mesi ruppe con il governo e provocò la frattura dello stesso PDL (Alfano e NCD), ma solo due mesi dopo fece il patto del Nazareno con il PD, il patto durò un anno, ma poi fu rotto sull' elezione di Sergio Mattarella e con il rovesciamento della posizione sulle riforme: fu allora, a mio avviso, che Berlusconi e Renzi si sono suicidati. Tutto ciò è avvenuto con la rottura di larga parte del gruppo dirigente tradizionale e con l' affermazione di un ristretto cerchio magico guidato dall' on. Ghedini. CONTINUI ZIGZAG Ma attraverso questi continui zigzag nella linea politica Berlusconi ha consegnato un enorme spazio politico a Salvini che ha portato avanti una linea politica organica forte, aggressiva, anche se per quello che mi riguarda tutt' altro che condivisibile per il suo sovranismo e il suo modo di far politica. Poi è vero che tutti coloro che sono usciti da Forza Italia non hanno avuto fortuna, ma a sua volta Forza Italia a furia di perdere classe dirigente è passata dal 38% al 6%. Allora anche se avviene molto tardivamente un rilancio di Forza Italia per di più combinato con un accrocco con una serie di forze minori, vedi Altra Italia, non può consistere in marchingegni organizzativi, ma in una scelta politica forte. Berlusconi deve rivolgersi a quel circa 25% di elettori che non vota. Quindi questo partito, come sostiene anche l' on. Rotondi, deve essere un agile vascello pirata in rottura non solo con il PD e i grillini, ma anche con Salvini. Lanciare un nuovo centro per metterlo dentro l' alleanza con Salvini vuol dire preparare una sorta di suicidio assistito. Detto tutto ciò, sull' esigenza di una linea politica forte e marcata va anche detto che occorre una classe dirigente meno ripetitiva e smorta. Ci vorrebbe anche un' iniezione di fantasia. A Vittorio Sgarbi non può esser affidato un partito del 30% perché non avrebbe certo l' equilibrio per gestirlo senza fratture, ma invece un contributo di fantasia e di trasgressione, al di fuori di ogni schema, per far risalire un partito dal 6% a ben altre cifre forse una mano sarebbe in grado di darla. Insomma scelta di un progetto politico ambizioso e ingresso della fantasia nella politica. di Fabrizio Cicchitto

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