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Matteo Salvini allontana l'ipotesi rimpasto: "No poltrone, ma qualcosa si è rotto". Crisi sempre più vicina

Caterina Spinelli
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Alla fine di una giornata cruciale, quella di mercoledì 7 agosto (giorno in cui la mozione no-Tav dei 5 Stelle ha visto la sua sconfitta) Matteo Salvini è sceso in mezzo al popolo. "Per i giornalisti sono qua per chiedermi del governo. Ma l'ultima cosa che ci interessa è qualche poltrona o qualche ministero in più. O si possono fare le cose, oppure la parola torna al popolo" riferisce dal palco di Sabaudia, dove si è tenuto il comizio leghista. Poi la confessione "Sto dormendo poco e male, non per il caldo, ma perché sento una grande responsabilità". A confermarlo anche i parlamentari a lui vicini che annunciano così una "bomba" in grado di annientare l'esecutivo per sempre. Il cosiddetto rimpasto, non di facciata ma di sostanza. Non è una novità che il ministro del Carroccio voglia far saltare le teste di Danilo Toninelli ai Trasporti e le Infrastrutture, Elisabetta Trenta alla Difesa e Giovanni Tria all'Economia, ora, dopo l'ennesima vittoria, questa ipotesi non sembra più tanto remota. Leggi anche: Crisi di governo, Salvini pone le condizioni per andare avanti Ipotesi però che il ministro dell'Interno da Sabaudia, almeno a parole, si appresta a smentire: "Non mi interessano rimpastini o rimpastoni". Il governo ancora non è morto, ma "finché è durato è stato bello". Intanto Salvini ha lasciato a Conte l'onere e l'onore di decidere, entro quattro giorni, tempo del rientro del vicepremier dal tour di domenica in Sicilia. "Prenderò le mie decisioni, senza padri, né padrini" ha concluso. Lunedì potrebbe salire al Quirinale e, dopo l'incontro a due tenuto a ridosso della Tav, ci si chiede di cosa abbiano parlato il leader leghista e il presidente del Consiglio. In tanti spifferano già che la crisi, quella che si attendeva da tempo, è giunta. Manca solo la data delle elezioni anticipate, che forse non potrà neppure attendere il taglio dei parlamentari ed essere ad autunno, proprio nella prima sessione della legge di Bilancio. Quel provvedimento tanto popolare che non farlo sarebbe stato un danno per entrambi gli alleati. Ma forse ormai Salvini è esausto.

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