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Matteo Salvini a valanga in piazza: "Perché ho aperto la crisi di governo", subito guerra al M5s

Davide Locano
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Nel giorno in cui, pochi minuti prima, ha aperto la crisi di governo, in un certo senso Matteo Salvini apre anche la campagna elettorale. Lo fa da Pescara, dove ha tenuto un comizio in una piazza gremita al termine della convulsa giornata elettorale. Ovviamente parla della crisi di governo, e sottolinea: "Pur di andare avanti siamo pronti a mettere in gioco le nostre poltrone. Abbiamo sette ministri, ma per noi la poltrona vale meno di zero: siamo al servizio del popolo italiano, non siamo lì a scaldare seggiole. Non sono più accettabili i no e i rinvii". Bordate dunque al M5s, a cui il ministro dell'Interno attribuisce la responsabilità dell'immobilismo dell'azione di governo. Ora di staccare la spinta, insomma. Leggi anche: Crisi di governo, il messaggio della Meloni a Salvini Dunque insiste subito su uno dei temi al centro della probabilissima e imminente campagna elettorale: la magistratura, da cambiare radicalmente, non con la folle riforma grillina che va definitivamente in soffitta. Dunque le tasse: "È urgente, non si può più attendere. A Roma abbiamo fatto decine di riunioni, ma ci hanno detto che non si può esagerare e che non si può far arrabbiare l'Europa". "Ma io - riprende - non sono nato per fare il servo di nessuno. Se devo vivere o morire, non faccio il servo di nessuno". Chiaro il significato delle parole di Salvini: nel governo gialloverde i margini d'azione erano ridotti. Troppo ridotti. Meglio, dunque, tornare subito al voto (Sergio Mattarella permettendo). E ancora, sulle tasse: "Se ci darete la forza per farlo, le taglieremo. Non è che possiamo dare il reddito di cittadinanza a tutti quelli che passano in spiaggia. La ricchezza, prima di ridistribuirla, bisogna crearla". Nel mirino di Salvini, è già chiarissimo, più di tutti ci sono i grillini. La battaglia è appena iniziata.

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