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Matteo Salvini, le ultime impensabili cifre dei sondaggi

Maria Pezzi
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Nelle ultime 48 ore, da quando cioè ha ufficializzato la crisi del ministero giallo-verde, gli hanno dato del «dittatore», del «pagliaccio», dell'«irresponsabile», dello «sprovveduto» e in ultimo del «tamarro» (cit. Beppe Grillo). Lui, Matteo Salvini, sorride, salta da una città all' altra, ribadisce che «prima si vota meglio è» e spiega le sue motivazioni, il suo progetto, la sua idea di un governo «stabile, coraggioso e serio». E i primi sondaggi del dopo-crisi sembrano premiare la Lega e condannare i Cinquestelle. Le rilevazioni fatte dall' istituto di Renato Mannheimer per Affaritaliani, infatti, quotano il Carroccio in salita con una forbice che va dal 37 al 40%. Insomma per gli italiani Salvini avrebbe fatto bene a staccare la spina al «governo dei No». A conferma di questa sensazione c' è il fatto che a pagare sarebbero, secondo i numeri, proprio i pentastellati, in caduta libera e dati al 13/15% contro il 17 dei giorni pre crisi. A chiudere il cerchio c' è un Pd in ripresa (24/25%) e Fratelli d' Italia (7/8%) che consolida il sorpasso su Forza Italia (6/8%). Per approfondire leggi anche: Alessandra Ghisleri, allarme per Matteo Salvini Scenari - I numeri dicono tanto, non tutto. Ma è chiaro che Salvini prima di strappare abbia sondato l' umore delle piazze, proprio come faceva l' Umberto Bossi dei tempi d' oro che si preoccupava (diciamo pure s' incazzava), solo quando il luogo scelto per il comizio non traboccava di gente. Il "tutto" che i numeri non spiegano, invece, è la fretta che Matteo continua a mostrare: vuol chiudere la partita del voto e vuol farlo in fretta. Anche ieri durante il suo "Estate italiana tour" che ha toccato Basilicata e Calabria (oggi sarà in Sicilia), Salvini ha ribadito che «l' unica cosa che mi aspetto è che il Parlamento si esprima il prima possibile, non dopo Ferragosto, ma prima di Ferragosto». E ancora: «Siamo tutti pronti per andare in Parlamento, lunedì, martedì, giovedì, quando serve. Prima si vota, prima gli italiani avranno un nuovo governo e una nuova manovra economica». Una frase quest' ultima, con la quale Matteo prova a smontare l' accusa principale che gli viene fatta: quella di aver provocato la caduta del governo per non dover mettere le mani nelle tasche degli italiani con la manovra economica. Anche per questo ha ribadito che «stiamo già lavorando sulla manovra e dialogheremo in maniera costruttiva con l' Europa», tanto che «l' uscita dall' euro è un' ipotesi che non è mai stata in cantiere» e che «io guardo già al futuro e sto preparando un governo stabile, coraggioso e serio per gli italiani», ribadendo che «se non fossero arrivati tutti quei "no", non avremmo fatto quello che abbiamo dovuto fare». Una versione suffragata anche da Giancarlo Giorgetti che ieri ha spiegato come «una separazione consensuale» sarebbe stata «la cosa più ragionevole», ma «Conte non si vuole dimettere, vuole andare alla conta in aula e questa sarà una rottura traumatica. Peccato». A conferma del clima teso sono arrivate le parole di Beppe Grillo che ha dato del «tamarro» a Salvini che non ha replicato al comico. Tempi stretti -  Detto questo resta l' esigenza di Salvini di fare in fretta, dovuta a due sostanziali motivi: da un lato, Matteo vuol cavalcare l' onda buona dell' opinione pubblica che è ancora dalla sua parte. Dall' altro è tutta una questione di strategie: il Capitano teme l' inciucio Pd-M5S («inorridisco al pensieri di un governo tra loro»), che nonostante le smentite dei diretti interessati è in cantiere, come testimonia la frase sibillina di Beppe Grillo scritta sul blog delle Stelle: «Mi eleverò per salvare l' Italia dai nuovi barbari. Dobbiamo fare dei cambiamenti? Facciamoli subito, altro che elezioni». Ma a preoccupare il leader della Lega e a mettergli fretta è anche la possibile riorganizzazione dei moderati, che complicherebbe i suoi piani. di Fabio Rubini

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