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Sergio Mattarella, il perché dell'imbarazzante silenzio sulla crisi di governo

Caterina Spinelli
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Sergio Mattarella lascia che si alzi la tensione. Quella degli altri. Lui se ne resta alla Maddalena, in vacanza. Muto come solo i siciliani sanno essere. Fedele al programma concordato con la Marina Militare, ieri pomeriggio si è fatto un giro tra le isolette dell' arcipelago a nord della Sardegna, in assoluto relax. Il barometro del Quirinale dice che lascerà l' isola mercoledì, quando si recherà a Genova per la commemorazione delle vittime del ponte Morandi. Sino ad allora, non è previsto che parli. E pure quel giorno non proferirà verbo sulla crisi in corso. Per farlo aspetterà le consultazioni che seguiranno il voto sulla sfiducia a Giuseppe Conte e le probabili dimissioni del presidente del consiglio. Calendario alla mano, significa almeno altri dieci giorni di silenzio. Nel frattempo lascerà che leader e leaderini si rosolino nell' incertezza. «Cosa avrà in mente Mattarella?» è la domanda che si fanno tutti. Nell' attesa lo tirano per la giacca e, qualunque cosa pensino sulla data delle elezioni, si dicono convinti che il capo dello Stato, alla fine, darà ragione a loro. La giornata di ieri è stata scandita da dichiarazioni copia-e-incolla rilasciate sia da chi vorrebbe il voto subito, sia da chi invoca la nascita di un governicchio che lo rimandi alle calende greche. Nicola Zingaretti: «Per fortuna ci guideranno la saggezza e l' autorevolezza del presidente Mattarella». Luigi Di Maio: «Ci affidiamo alle decisioni del presidente della repubblica». Piero Grasso: «Mettiamo tutto nelle mani sagge e prudenti del presidente della repubblica». Salvini: «La presenza e la garanzia di Mattarella sono di tutela e di valore per il popolo italiano». La metà di loro rimarrà delusa e userà toni molto diversi. L' unica a non seguire il rituale della genuflessione è stata Giorgia Meloni. «Mattarella», ha detto, «non consenta una vergogna come il "governo di salvezza renziana"». Lei, almeno, è andata dritta al punto senza ipocrisie. CALENDARIO La verità è che Mattarella non ha nulla da dire perché non ha ancora preso una decisione. Al pari degli altri, deve prima capire quale meccanismo ha messo in moto Salvini. La sua agenda prevede che, consumata la crisi in parlamento come preteso da Conte, inizino i colloqui, ai quali i capipartito dovranno presentarsi con argomenti e numeri a sostegno delle loro richieste. Sino ad allora, senza sapere ad esempio quanti parlamentari sono disposti a seguire la strada del «governo no-tax che eviti l' aumento dell' Iva», indicata da Renzi, o quanti concordano sul «governo tecnico per il voto» suggerito da Grasso, inutile parlare. Per fortuna la sua pasta è assai diversa da quella di Giorgio Napolitano, che durante le crisi di governo ha lavorato alla creazione di maggioranze che senza di lui non sarebbero mai esistite; Mattarella, al contrario, si limita a osservare e raccogliere dati. Un primo segnale potrebbe arrivargli già oggi, con la riapertura dei mercati. Per capire il motivo bisogna tornare ai tanti richiami fatti dal capo dello Stato sull' importanza di difendere il risparmio delle famiglie, tutelato dalla Costituzione. Se davvero, come si augurano i "gufi" che svolazzano a stormi, lo spread tra i nostri Btp e i Bund tedeschi tornasse ad alzarsi e l' indice di Borsa continuasse a scendere, con conseguente deprezzamento dei portafogli degli italiani, Mattarella non potrebbe non tenerne conto. Al contrario, la neutralità degli investitori dinanzi alla crisi politica spunterebbe le armi di chi intende salire al Quirinale per chiedere un governo di salute pubblica incaricato di raddrizzare i conti dello Stato. MERCATI Ad oggi il rischio di una tempesta finanziaria è il fattore che più appare in grado d' inguaiare Salvini, perché potrebbe spingere Zingaretti ad appoggiare un governo tecnico assieme a Di Maio: e allora sì che sarebbero dolori. L' altra richiesta fatta dalla sinistra a Mattarella, quella che non può essere il segretario leghista a garantire dal Viminale il regolare svolgimento delle elezioni, verrebbe facilmente smontata dallo stesso ministro dell' Interno: se le sue dimissioni fossero il prezzo da pagare per andare al voto in tempi rapidi, Salvini non esiterebbe a presentarle. di Fausto Carioti

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