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Tito Boeri verso il ministero del Lavoro: quando Di Maio lo contestava sugli immigrati

Davide Locano
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Ai tempi della sua presidenza Inps era tra i bersagli prediletti di Matteo Salvini. Ma non solo, era tra i bersagli prediletti anche di Luigi Di Maio. I due vicepremier, infatti, fecero di tutto per cambiare i vertici dell'istituto di previdenza. Il soggetto, ovviamente, è Tito Boeri, il quale è rimasto al vertice Inps fino al 16 febbraio 2019, quando il primo governo di Giuseppe Conte lo sostituì a Pasquale Tridico. Uno dei ritornelli preferiti da Boeri era che gli immigrati ci avrebbero pagato le pensioni, in estrema sostanza. Insomma, secondo lui il lavoro dei migranti era fondamentale per far reggere il nostro intero sistema previdenziale. Tesi contestata con veemenza da Salvini in primis ma anche da Di Maio, come detto. Leggi anche: Mattarella e il "lodo Mortati": ribaltone al Quirinale? E perché mai ci ritroviamo a parlare di Tito Boeri? Presto detto, il suo nome è entrato di prepotenza nel toto-ministri del governo dell'inciucio, quello di Pd e M5s. Un esecutivo che dopo le ultime parole di Conte, Di Maio e Zingaretti appare ormai cosa fatta. La voce viene rilanciata da Il Messaggero, che da conto del fatto che Boeri sarebbe in corsa, con robuste possibilità di successo, per il ministero del Lavoro che erediterebbe da Di Maio. Certo, i grillini insisteranno sul fatto che l'ex mister Inps da sempre è favorevole all'introduzione di un salario minimo orario, uno dei punti cardine del M5s. Difficile, però, scordare le tesi di Boeri su immigrazione e pensioni, testi contestate dai pentastellati che ormai ci stanno abituando ad ogni tipo di piroetta immaginabile.

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