Pietro Senaldi svela l'ultima figuraccia di Di Maio: ecco con cosa è andato all'Onu
Luigi Di Maio parte per la sua prima missione all' Estero da titolare della Farnesina. Sceglie gli Stati Uniti, terra senza congiuntivi, per limitare il rischio di gaffe. Ignora l' inglese ma vuol fare l' americano, come Alberto Sordi, con la differenza che lui fa piangere e non ridere. In compenso, potrà contare su un esercito di interpreti qualificati, che lo attendono per la 74esima Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Tema sul tavolo, il cambiamento climatico, a conferma che l' Onu arriva sui problemi sempre da buon' ultima, spesso dopo averli creati, anche se questo non è il caso. Il ministro è baldanzoso e, dopo aver annunciato quando era al Lavoro l' abolizione della povertà, su Facebook ha scritto un articoletto nel quale è arrivato a un' unghia dall' annunciare l' abolizione del caldo. È un novellino, altrimenti non si spiegherebbe come, dopo 73 Assemblee Generali dove non si è concluso nulla, egli pensi che da questa, per di più aggravata dalla sua presenza, possa scaturire alcunché. Il problema però non è la partenza di Di Maio, e neppure che l' ex leader degli anti-casta viaggi su un volo di Stato, contribuendo ad aumentare l' inquinamento del pianeta. Il guaio è che tornerà tra noi, senza aver fatto nulla se non turismo aeronautico, mentre la maggioranza degli italiani sogna che rimanga oltreoceano a fare il turista, perché come migrante negli Usa non ce lo vogliono. EFFETTO BOOMERANG Fossimo nei panni del ministro, chiuderemmo la pagina Facebook, per evitare di scrivere troppe corbellerie. I social sono un boomerang per Di Maio: più esterna, più e più diventa bersaglio di ironie vari. Quasi nessuno lo prende sul serio, tutti si sbizzarriscono per irriderlo. Le venti righe di presentazione al viaggio all' Onu, nelle quali il titolare della Farnesina sfodera le sue priorità, potrebbero apparire sul diario delle buone intenzioni di uno studente delle medie. Ecco l' elenco delle perle: 1) Guerra in Libia; «l' Italia deve impegnarsi al massimo per farla cessare». Come? Con il dialogo è l' uovo di Colombo del ministro. 2) Immigrazione; «la redistribuzione dei migranti in tutta Europa dovrà diventare automatica». Anziché fermare i clandestini, il ministro ne incentiva l' arrivo garantendo loro che, in un modo o nell' altro, verranno sistemati. Geniale. 3) Cambiamento del clima; «lo sviluppo economico del pianeta va ripensato»; in sostanza, visto che i Paesi inquinanti sono Cina, Russa, India e Usa, Di Maio vuol farci credere di essere in grado di influenzare le loro politiche economiche, quando non è stato capace di impedire l' inciucio giallorosso e il suo declassamento da vicepremier a ministro, che ha tentato fino all' ultimo di scongiurare. 4) Rifiuti; sono «errori di progettazione che l' economia circolare cancellerà». Spiegasse come si fa alla sua pupilla Raggi, che ha riempito Roma di cassonetti stanziali dell' immondizia, buoni solo a far circolare tra i rifiuti cinghiali, topi e gabbiani. GIUDIZIO IMPLACABILE Il giudizio della rete è stato implacabile. Quindicimila commenti, il 90% dei quali negativi. Da chi gli chiedeva se andava all' Onu a vendere bibite come sugli spalti dello stadio di Napoli, a chi si stupiva che si fosse alzato dalla poltrona, benché solo per prendere un volo di Stato, a chi più praticamente lo supplicava di togliersi dai piedi. Non c' è speranza. L' unica cosa certa di Di Maio è che sarà l' ultimo a mollare. Pur di tenersi attaccato il ministero sarà disposto a cambiare nuovamente alleati, subire ulteriori umiliazioni, farsi commissariare e sottoporsi a ogni tipo di figuraccia. Il senso di Luigino in questo governo è chiaro a chiunque, innanzitutto a lui: scaldare la sedia e non disturbare. La politica estera tanto la faranno Conte nel mondo, Gentiloni in Europa e Lamorgese, la sostituta di Salvini, per quanto riguarda l' immigrazione. Non che siano dei campioni, ma sempre meglio del titolare della Farnesina, che ha trasformato il ministero in una sede staccata della Casaleggio e Associati, nella quale convoca in continuazione gli altri ministri grillini nel tentativo di dimostrare che ha ancora il partito in mano. Non è così; ora che non ha più Salvini a tenerlo in piedi, Luigino conta poco sia nel Movimento, del quale da leader ha dimezzato i consensi, sia nel governo, che è nato malgrado lui. Di poltrona in poltrona, finirà come Alfano; senza però avere, a differenza dell' ex azzurro, un lavoro al quale tornare. di Pietro Senaldi