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Nicola Zingaretti consegna la Calabria al M5s, rivolta dentro il Pd: gli salta in aria il partito

Giulio Bucchi
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Le primarie, strumento di democrazia che per eccellenza sono del partito democratico, vengono negate in Calabria. Quello che sta avvenendo in questi giorni ha dell'incredibile. Ma andiamo per ordine. Bisogna dire che il primo concreto esempio di elezioni primarie su scala nazionale e indirizzato a tutti gli elettori italiani di centrosinistra fu quello avviato nel 2005, quando l'Unione chiese ai suoi elettori di scegliere il candidato alla Presidenza del Consiglio dei ministri incoronando Romano Prodi. Da allora, però, l'applicazione delle primarie in casa Pd è stata spesso controversa e al centro di numerose polemiche.  Leggi anche: Salvini e Lega in orbita in Umbria. Il sondaggio che terrorizza Pd-M5s L'apice di questi malumori è esploso proprio in questi giorni in Calabria dove il segretario Nicola Zingaretti ha, di fatto, posto il veto sul nome del governatore uscente Mario Oliverio nella corsa alla presidenza della Regione in vista delle elezioni che si svolgeranno nei prossimi mesi. E questo, nonostante 61 segretari dei circoli territoriali del Pd calabrese avessero promosso una petizione, raccogliendo circa 5.000 firme dei tesserati Pd, ed organizzato un'assemblea regionale, svoltasi a Catanzaro, che ha registrato la partecipazione di oltre 1.000 persone tra segretari di circolo, sindaci ed amministratori locali iscritti al partito, per chiedere semplicemente il diritto a partecipare ad un percorso nella scelta del candidato presidente della Regione Calabria, discutendo programmi, alleanze e candidati. Niente di strano o eccezionale, perché si tratta di quanto sancito nello stesso statuto del partito che all'articolo 2 recita: “Tutti gli elettori e le elettrici hanno diritto di partecipare alle elezioni primarie per la scelta dei candidati del partito alle principali cariche Istituzionali”. Ma dal Nazareno è arrivato un “Niet”. Tanto che una delegazione di un centinaio di persone, fra segretari di circolo e amministratori pubblici calabresi, per farsi ascoltare dal proprio partito, ha deciso addirittura di manifestare a Roma proprio davanti alla sede dei democratici. Con pullman e automobili hanno viaggiato tutta la notte per essere di buon mattino davanti alla sede centrale del PD a Roma e consegnare, proprio in queste ore, nelle mani del salentino Nicola Oddati, membro della segreteria nazionale del partito, la petizione con le 5.000 firme. Una rivolta in piena regola da parte di un gruppo consistente e importante dei dem calabresi che accusano il proprio partito di non voler ascoltare la voce dei propri iscritti e di calare le scelte dall'alto in perfetto stile “prima Repubblica” "È in atto una campagna assecondata anche dalle posizione espresse dal commissario regionale del Pd che considera la Calabria una regione residuale nel panorama meridionale e nazionale, alimentando così il pregiudizio che rappresenta la nostra regione come una terra senza possibilità di riscatto", si legge nel documento approvato dall'Assemblea Regionale dei segretari e degli amministratori calabresi. Che i vertici del partito abbiano scelto di sacrificare il governatore calabrese uscente in nome di un accordo con i 5 stelle? La sensazione (qualcosa di più che una sensazione) è esattamente questa. Solo che in gioco non ci sono solo le prossime elezioni in Calabria ma l'essenza stessa di un Partito che ha fondato sulle elezioni primarie uno dei pilastri della propria azione politica. Con buona pace della partecipazione. di Paola Natali

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