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Giuseppe Conte boccia il reddito di cittadinanza: la clamorosa ammissione di colpa

Davide Locano
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L'abbozzo di manovra presentato ieri dal governo non merita di essere preso troppo sul serio. Ancora non si conoscono molti provvedimenti e quelli già annunciati saranno riscritti (e magari peggiorati) chissà quante volte, prima di approvarli. Ma anche volendo considerare quelle 47 pagine come una semplice dichiarazione d' intenti imbellettata da qualche numero, c' è da prendere l' unica cosa buona che contengono, ovvero il disinnesco dell' aumento dell' Iva (non farlo avrebbe causato un' ecatombe), e piangere per il resto. Leggi anche: Tasse, la menzogna di Giuseppe Conte sulla manovra Per quello che c' è: una pioggia di tasse, parte delle quali mascherate da precetti etici e ambientalisti. E per ciò che manca: la cancellazione del reddito di cittadinanza, che da sola avrebbe liberato 8 miliardi di euro l' anno e consentito di limitare la spremuta fiscale. SOLO DANNI La spiegazione non è logica, bensì isterica, ovvero legata agli strilli che fa Luigi Di Maio ogni volta che qualcuno gli ricorda che la sua misura serve solo a fare danni. Eppure proprio il testo inviato ieri dal ministero dell' Economia alla Commissione europea certifica il fallimento della misura più importante varata dal primo governo Conte. Il reddito di cittadinanza doveva servire a due cose: creare nuovi posti lavoro e incentivare i consumi, grazie ai soldi che distribuiva alle famiglie più bisognose. Il primo obiettivo è stato un flop epocale: ad oggi, sugli 843mila percettori dell' assegno, nemmeno uno ha trovato lavoro. Dal documento scritto dai tecnici di Roberto Gualtieri si apprende adesso che pure il tentativo di incentivare i consumi, e stimolare così l' intera economia, ha avuto un esito disastroso: «Nel primo semestre del 2019 i consumi delle famiglie sono rimasti sostanzialmente invariati; ciò in quanto la propensione al risparmio è salita all' 8,5% del reddito disponibile, da una media dell' 8,2% nel 2018. La crescita dei consumi delle famiglie nel 2019 probabilmente non andrà oltre lo 0,4%, che non solo risulterebbe in calo rispetto allo 0,8% del 2018, ma costituirebbe anche il dato più debole dal 2014 ad oggi». In parole povere, chi incassa i soldi regalati da Di Maio li mette da parte e non li spende, con tanti saluti all'«effetto moltiplicatore» della regalia, e infatti erano cinque anni che i consumi non crescevano così poco. Questo rende più pesante il nostro debito pubblico, che a dicembre avrà raggiunto il 135,7% del prodotto interno lordo, proprio «a causa del basso tasso di crescita nominale dell' economia». TAGLI MINIMI Non toccando né il reddito di cittadinanza né il provvedimento per andare in pensione a "quota 100", i tagli alle spese valgono poca cosa: appena 2,7 miliardi di euro sui 15 miliardi di copertura individuati. Tutto il resto arriverà da nuove entrate. Oltre 2 miliardi li incamererà il fisco grazie alla scusa dell' ambiente: un' imposta sugli imballaggi di plastica, una tassa sui combustibili fossili impiegati nella produzione di energia e tanti altri balzelli, non tutti ancora specificati. Ridotte, sino a cancellarle, le detrazioni Irpef già previste per chi guadagna al di sopra di certe soglie di reddito ancora da definire: «Anche i ricchi piangano», versione giallorossa. Spunta una nuova imposta di bollo da 2,4 euro per foglio sui certificati «relativi alla materia penale», aumenta il prelievo fiscale sui giochi e con il pretesto di «limitare gli abusi» viene uccisa nella culla la "tassa piatta" che doveva scattare a gennaio per i professionisti e le partite Iva con redditi tra i 65.000 e i 100.000 euro. Il trattamento di riguardo per i proprietari di casa era atteso ed è arrivato puntuale, sotto forma di innalzamento delle imposte ipotecaria e catastale sulle vendite di immobili e con un balzo del 25% della cedolare secca sugli affitti a canone calmierato. Si tratta di appartamenti che i locatori hanno accettato di concedere a un importo particolarmente basso, confidando nell' impegno del fisco a prelevare solo il 10% di quel reddito. Adesso, grazie ai rossogrillini, gli affitti restano bassi, ma l' erario si prende una fetta più grossa. Così uno impara a fidarsi dello Stato e delle sue promesse. di Fausto Carioti

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