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Gregoretti, Pietro Senaldi svela il piano di Di Maio: così vuole mandare in galera Matteo Salvini

Caterina Spinelli
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«Traditori». Così Di Maio ha battezzato i tre parlamentari grillini che la scorsa settimana hanno lasciato M5S per salire sul barcone di Salvini. E sempre di tradimento il premier Conte ha accusato l' ex ministro leghista quando ad agosto è stato mollato perché il governo gialloverde non andava più avanti né indietro, proprio come questo, che anzi l' ha superato a livello di impasse. Ma i veri traditori oggi sono i grillini, e non tanto perché, dopo aver passato sei anni in piazza a tuonare contro il Pd ora ci governano assieme oppure perché, dopo aver processato pubblicamente Renzi per il salvataggio di Etruria, ora fanno lo stesso con Popolare Bari, truccandolo, da pataccari quali sono, come rilancio del Mezzogiorno attraverso una nuova Banca del Sud. Il tradimento vero, ossia il rinnegamento della linea politica tenuta dal Movimento per oltre un anno sull' immigrazione, i grillini lo consumeranno sul caso Gregoretti, nave che Salvini ha tenuto ferma in porto per quattro giorni con 131 migranti a bordo, impedendone lo sbarco. Per l' ex ministro dell' Interno si era parlato di un' accusa di sequestro di persona ma la Procura aveva optato per l' archiviazione. Cionondimeno, il Tribunale dei ministri due giorni fa ha chiesto al Senato l' autorizzazione a procedere contro il leader leghista, che rischierebbe fino a 15 anni di carcere. È la replica del caso Diciotti, l' imbarcazione della Guardia di Finanza che Salvini tenne ormeggiata per una decina di giorni nel porto di Catania, prima di acconsentire allo sbarco dei circa 160 profughi a bordo, sollecitato da un avviso di garanzia da parte della magistratura. Allora, il premier Conte e i ministri competenti Di Maio e Toninelli fecero fronte comune e si autoaccusarono. Quando poi il Senato dovette decidere sulla richiesta di giudizio ai danni del titolare del Viminale, leghisti e grillini votarono contro e l' offensiva giudiziaria finì lì. Oggi i Cinquestelle, per un calcolo politico sbagliato, per compiacere i nuovi alleati di governo e per non farsi fregare voti dalle sardine, intendono mandare a processo il capo dell' opposizione, convinti cosi di liberarsene, con un' inversione della loro posizione politica di 180 gradi, che non sarebbe nuova dalle parti del Movimento. Il tradimento l' ha confermato ieri sera Di Maio a «Porta a porta»: «Voteremo per l' autorizzazione a procedere, il blocco della Gregoretti non fu un' azione decisa dal governo, ma dal ministro dell' Interno Salvini». SALVARE LA PELLE L' intento di Gigino e compagni sarebbe, come la volta scorsa, quello di salvarsi la pelle. Ieri stavano a galla sostenendo il leader leghista, oggi si illudono di cavarsela mandandolo a giudizio. I Cinquestelle sono terrorizzati dal voto e pensano che inchiavardare il leader dell' opposizione con un processo rafforzi il governo e faccia passare ai loro deputati la voglia matta di saltare sul Carroccio. Calcolo sbagliato: un' incriminazione per essersi opposto all' immigrazione clandestina sarebbe manna dal cielo per il leader della Lega, ne farebbe un martire agli occhi degli italiani che, stando all' ultimo sondaggio disponibile in materia (Pagnoncelli-Corsera, settembre 2019) condividevano all' 85% la politica migratoria dell' ex titolare del Viminale. Di Maio lo sa, ma è troppo debole in questo momento, non riesce a governare i suoi gruppi parlamentari e molti disperati, che in caso di crisi dell' esecutivo e voto anticipato sarebbero costretti a lasciare lo scranno senza nessuna speranza di ritornarvi, non vedono l' ora di poter votare per l' autorizzazione a procedere nei confronti del capo dell' opposizione. Un favore a Conte e al Pd, dai quali sperano di essere ricambiati. UN PAESE MALATO Per quanto indubbia seccatura, il rinvio a giudizio metterebbe a nudo le vergogne dell' Italia, che processa chi si batte contro l' illegalità e stende tappeti rossi a chi entra nel Paese da clandestino e a chi lo aiuta. La magistratura ne uscirebbe ridicolizzata e, peggio ancora, sarebbe chiaro che una parte di essa si muove, se non con intenti, almeno orientata da convinzioni e pregiudizi politici. Non per niente Salvini ha già iniziato a battere la grancassa a riguardo, parlando di «inchiesta vergognosa e di caccia alle streghe che costa ai cittadini in uomini, mezzi, tempo e denaro». «Che in Italia io rischi anni di carcere per avere difeso i confini e fatto il mio dovere di ministro, mi fa dire che abbiamo un problema» ha chiosato il segretario leghista alludendo a «quella parte delle toghe che fa politica». Il Senato grillino dunque tradirà il leader leghista e la magistratura probabilmente andrà fino in fondo, trasformando le istituzioni in barzelletta, senza tuttavia esaminare le tante cose che non tornano nella vicenda. A partire da un tribunale (quello dei ministri) che contraddice l' accusa, la quale chiedeva l' archiviazione. Siamo un Paese malato di giustizia lenta, incerta e ingolfata. Aprire un processo contro un ministro e a dispetto del parere sfavorevole della Procura non è quello che ci serve e neppure aiuta a pensare che certe toghe agiscano solo pensando al diritto, e non anche al rovescio politico delle loro decisioni. di Pietro Senaldi

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