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Fini: "La decadenza di Silvio è merito mio. Ma vi spiego perché è un genio..."

Fini, antenato dei dinosauri

Gianfry si appunta la medaglia: "Senza me, il processo del Cav sarebbe andato in prescrizione". Ma i ricordi del '94 sono dolci...

Roberto Procaccini
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"Berlusconi ripete che io gli ho impedito di fare la riforma della giustizia che voleva lui, mi appunta una medaglia - sostiene Fini -. In realtà mi chiese di favorire un provvedimento per ridurre i tempi di prescrizione, non avevo la minima contezza che dovesse servire ad evitare la sentenza della Cassazione di quest'anno, non ho neanche la certezza che lo fosse, ma è certo che quel provvedimento l'avrebbe resa impossibile". Insomma, il merito della decadenza del Cav è di Gianfranco Fini, e a rivendicare in prima persona il titolo è lui stesso con una lunga intervista a l'Espresso. Se avesse dato l'avallo alle richieste dell'ex premier, è il succo del discorso, non sarebbe mai arrivata la sentenza di condanna per il processo sui diritti tv. Il fu leader di An non riconosce attenuanti al Cav: "Uno dei principi in democrazia è che chi sbaglia paga, senza la giustizia non c'è vivere civile. E Berlusconi non è una vittima, non è un perseguitato". La decadenza di Silvio è una "medaglia" da appuntarsi al petto, dunque. Eppure Fini non riesce a nascondere la stima per Silvio. La rivoluzione liberale - Il primo contatto con Berlusconi, ricorda Gianfry, risale al novembre del 1993, quando il Cav disse: "Se fossi di Roma, voterei per Fini". "Fu una sorpresa, non me lo aspettavo - rievoca il delfino di Almirante -. Lo chiamai per ringraziarlo, lui non mi disse che aveva deciso di entrare in politica da lì a poco". Poi viene la "discesa in campo", e qui l'ex leader di An (e Fli) vede il compimento del genio berlusconiano: "La costruzione di una coalizione vincente nel 1994 fu la prima dimostrazione della sua abilità tattica - valuta a vent'anni di distanza -. Non era facile riuscire a immaginare una triangolazione tra Forza Italia, noi e la Lega che non avevamo nulla da dirci. E ricordo le prime riunioni, un'assoluta novità. Mai - aggiunge - avevo visto all'opera un imprenditore che programmava in modo rigoroso e accurato tutto ciò che serviva per il buon esito dell'operazione: vendere il prodotto". Ecco, per un giovane prodotto della Prima Repubblica, vedere il confezionamento del prodotto che "non era mai stato offerto: il partito liberale di massa", puntellato "dalla Lega al nord e da An al Centro-Sud", è una sorpresa. Così come stupisce il nuovo approccio alla comunicazione politica: "Un giorno mi disse - racconta Fini -: Potresti dire ai candidati di An di tagliarsi la barba?, a lui dava fastidio, nessuno dei suoi la portava. Provai a proporlo a Ignazio La Russa, non la prese bene". I problemi e il Renzi di destra - Gianfry non ha dimenticato i problemi avuti con Silvio, e non risparmia critiche anche pesanti. Dal 2008 in poi, cioè da quando è diminuito il numero degli alleati con cui mediare, è emerso un Berlusconi più "manicheo" e accentratore, ricostruisce Fini. Il Cav diventa un leader che espelle i rivali interni con "comunicati di stampo leninista" e accuse "di deviazionismo". Uno che si chiude su se stesso e con il quale è impossibile avere a che fare, insomma. E che enanche la decadenza può allontanare dalla scena politica: "Cercherà di ripartire con i giovani - pronostica -: prevedo per i falchi, gli sparvieri e i tanti rapaci che lo circondano future delusioni, lui è un Crono che divora i suoi figli". Ma non ci sono notizie positive neanche per il vicepremier scissionista: "Un Renzi di centrodestra c'è, ma non lo vedo - conclude -, spero che si mostri il prima possibile. Di certo non è Alfano".

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