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Berlusconi: "Resto in Italia, Renzi il mio rivale, Napolitano mi dia la grazia"

Roberto Procaccini
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Resta in Italia per combattere, "per la libertà e contro Magistratura Democratica e la sua branca di polizia giudiziaria comunista". Di Renzi non parla "perché è il mio principale competitor", mentre in Alfano ("alleato con i miei assassini politici") vede un orpello di cui poter fare anche a meno in caso di ripristino del Mattarellum. A una settimana dalla decadenza, Silvio Berlusconi fuga tutte le voci su possibili fughe all'estero o ritiri dalla scena pubblica. Il Cavaliere, lo dice chiaro e tondo durante la presentazione dell'ultimo libro di Bruno Vespa, vede in Italia il teatro del proprio impegno. A partire dalla riforma della Giustizia: "Se il governo la volesse fare - spiega - lo sosterremmo". Resto in Italia - Berlusconi si candida all'estero? "Non ci ho mai pensato e ho visto con stupore questa notizia - taglia corto -. E' un'ipotesi a cui non ho mai pensato". Piuttosto, assicura il Cav, rimane per dare battaglia: “Sono ancora nell'atmosfera di un sincero democratico - spiega - che sente di stare in un paese che non è più democratico, quindi sento di dover restare qui e  combattere per la libertà”. Farà il leader fuori dal Parlamento come Renzi e Grillo, spiega: "Dipende da quello che mi lasceranno fare. Io sono fuori dal Parlamento, ma non è un seggio al Parlamento che fa un leader - puntualizza -, oggi Renzi e Grillo non sono parlamentari e guidano il loro partito io penso di poter fare stessa cosa". Non chiedo la Grazia - Non andrà lui in ginocchio al Quirinale, ma si aspetta il contrario: che Napolitano si dia una mossa per lui. “Considero una cosa impensabile che un cittadino della mia età - sostiene Berlusconi -, che nella vita ha fatto l'uomo di sport, l'uomo di Stato e l'imprenditore, possa essere sottoposto a colloqui con assistenti sociali. E' una cosa ridicola, è una cosa ridicola per il Paese. Credo che dovrebbe arrivare  - è la stilettata - per un periodo di appena 10 mesi una grazia motu proprio da parte del Quirinale”. L'ex delfino - Non parla con piacere di Angelino Alfano, Berlusconi, ma quando lo fa, le sue parole sono durissime. "Alcuni senatori - dice riferendosi alle cosiddette colombe - collaborano con un partito che, alleato a noi, ha proceduto al vero omicidio politico del capo del centrodestra. Un fatto reale che non esito a definire un colpo di Stato da una parte della magistratura, in accordo con il Pd". I rapporti col Nuovo Centrodestra, il partito nato dalla scissione del Pdl, dipende dalla legge elettorale: "Se rimane quella di oggi - sostiene quando ancora la Consulta non ha bocciato il Porcellum - è chiaro che sinistra e centrodestra devono mettere in coalizione tutte le forze possibili",  mentre “con il mattarellum è possibile correre da soli". Adieu Angelino, insomma. L'incoronamento di Matteo - E' vero che Renzi le assomiglia? "Non ho mai parlato del mio competitor, non parlo mai male dei miei competitor", risponde il Cav. Che così, di fatto, incorona il Rottamatore come il suo vero rivale politico. "Non vorrei offenderlo", dice a chi gli chiede ancora valutazioni sul segretario in pectore del Pd. Ma è da lui, aggiunge, che dipendono le sorti dell'esecutivo Letta: "Molti immaginano che una volta che Renzi sarà segretario Pd, non potrà restare alle prese con la mole di lavoro del segretario a lungo - sono le sue parole -. Sarà il Pd a decidere di andare alle elezioni, per dare vita a una vittoria". Giustizia - Forza Italia potrebbe sostenere il governo nei progetti di riforma vicini alla sensibilità azzurra. Potremmo "dare l'ultimo voto necessario sull'articolo 138 - pone le condizioni Silvio - se avessimo la certezza che la prima riforma costituzionale fosse una riforma, completa e profonda, della giustizia". L'ostilità del Cav rimane indirizzata verso Magistratura Democratica, cui rinnova l'accusa di fiancheggiamento ai "movimenti estremissimi". Il leader forzista sostiene che Md "si fondò nel '64, ma già nel '69 ci fu un divisione per la quale il Pci insistette: una parte si riferì al comunismo ortodosso, gli altri presero a riferimento i movimenti extraparlamentari più estremi". Il Cav rivolge l'accusa più grave quando parla di una polizia giudiziaria comunista: c'è una branca, sostiene, "formata da componenti della Guardia di Finanza, dei Carabinieri e della Polizia che è direttamente subordinata a Magistratura democratica". Le divise rosse sarebbero nate "nell'89, quando Md ottenne una propria Polizia giudiziaria nelle Procure - rievoca silvio -, scegliendo fior da fiore chi appariva, nella Finanza, nei Carabinieri, nella Polizia, che appariva avere una posizione di sinistra, formando così un proprio corpo di indagine alle loro complete dipendenze".

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