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Giorgia Meloni inarrestabile nei sondaggi e in piazza. Strappo sul 2 giugno con Conte: vietato omaggiare il Milite Ignoto

Antonio Rapisarda
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A un centimetro dal sorpasso ufficiale sui 5 Stelle ma già davanti, se si dovesse votare oggi, a un record ben più longevo dei 200 metri di Mennea a Città del Messico: il 15,6% conquistato da Alleanza nazionale alle Politiche del '96. Ventiquattro anni dopo Giorgia Meloni - qui a Libero non è di certo una novità - con la sua Fiamma sta "bruciando" l'ennesimo primato. Da ieri, secondo il sondaggio Ipsos sul Corriere della Sera, l'ex ministro della Gioventù può vantare la proiezione di un risultato mai ottenuto prima dalla destra italiana: il 16,2%. Percentuali che paragonate alle elezioni parlamentari del 2018, con FdI al 4,4%, o anche solo alle Europee di un anno fa (quando ottenne il 6,4%), testimoniano la crescita clamorosa di Giorgia e della sua "generazione Atreju".

 

 

Una compagnia, per usare un termine tolkieniano, che può aspirare a superare le colonne d'Ercole di An: fino a questo momento la massima espressione di consenso per la destra post-fascista, con l'anno d'oro (nonostante la sconfitta del Polo per le libertà) del '96, quand la truppa aennina si posizionò al terzo posto fra i partiti italiani. Si dirà: è solo un sondaggio. Ma non è il "solo", se è vero che tutti gli istituti più accreditati (da Tecnè ad Euromedia Research ad Ixè) danno Fdi tra il 14 e il 16% e il gradimento della sua leader secondo dietro al premier Giuseppe Conte. «Meloni gode di un elevato posizionamento personale», ha annotato Nando Pagnoncelli snocciolando i dati dei flussi e insistendo sul fatto che la leader sovranista beneficia del «più alto tasso di fedeltà» degli elettori delle Europee ed è apparsa «più "nazionale"» rispetto agli avversari e agli alleati «in un momento difficile» come la crisi del coronavirus. Insomma, un momento di grazia per Giorgia che in realtà dura già da più un anno. In questo lasso di tempo, dopo l'exploit alle Europee, in chiave interna è arrivata a contendere (per alcuni analisti già a scalzare) il terzo gradino del podio ai grillini - con quest' ultimi, per Ipsos al 16,7%, stanati a ripetizione dai meloniani in Aula sulle contraddizioni riguardo al Mes e alla maxi-sanatoria degli immigrati - ma ha ottenuto anche riconoscimenti significativi all'estero: dall'indicazione del Times come uno fra i venti personaggi del 2020 all'investitura internazionale come cerniera fra i nazional-conservatori europei e i Repubblicani americani. Infine, ma non meno importante dal punto di vista della costruzione di una leadership radicata nell'unicità storico-antropologica della destra italiana, Meloni sta pure confermando di essere più brava degli uomini di "casa Fiamma" nel raccogliere consenso: sulle orme del maestro Giorgio Almirante - ricordato da lei nei giorni scorsi come «politico e patriota d'altri tempi: ci ha trasmesso l'amore per l'Italia, l'onestà, la coerenza e il coraggio» - e adesso destinata ad archiviare anche i traguardi elettorali di Fini dopo aver salvato la "casa del padre" proprio dai disastri del finismo. E dato che non ci si culla nemmeno col favore dei sondaggi, Meloni ieri ha chiamato la carica in vista delle cento piazze organizzate (in sicurezza) per suonare la sveglia al governo Conte: «Il 2 giugno sarà il giorno in cui daremo voce a milioni di italiani dimenticati dal governo. I primi di luglio invece tenetevi pronti per una grande manifestazione nazionale».

 

Alla vigilia dell'evento di dopodomani non è mancato quello che viene considerato uno sgarbo da parte di Palazzo Chigi: il no alla richiesta di deporre, insieme a Salvini e Tajani, una corona di alloro al Milite Ignoto al termine della manifestazione. Tra l'altro, a fare arrabbiare la Meloni, il fatto di averlo saputo dalla stampa, mentre la risposta ufficiale del Cerimoniale è arrivata solo alle 20. La leader di Fdi, così, si è sfogata su FacebooK: «Volevamo deporre una corona in memoria del Milite Ignoto. Se in quel giorno non era possibile, bastava dirlo». Invece «lo staff del premier ha passato il pomeriggio a chiamare tutti i giornali senza che nessuno avesse mai parlato della questione con noi. Questi sono i metodi di palazzo Chigi ai tempi della gestione Conte/Casalino».

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