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Giuseppe Conte, la maggioranza brancola nel buio: approvato in Cdm il "salvo intese" sul dl Semplificazioni

Sandro Iacometti
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La prima volta che Giuseppe Conte ha parlato di semplificazioni era inizio maggio. Ma l'urgenza adesso è tale che per varare il decreto che dovrebbe imprimere una svolta epocale all'Italia, spazzare via la burocrazia e far viaggiare come razzi le opere pubbliche il premier ha deciso che non si poteva aspettare questa mattina. Meglio convocare l'ennesimo Consiglio dei ministri a tarda sera e lasciare ancora una volta che il testo di un provvedimento considerato vitale per il Paese si confonda con il buio. Perchè non fare una bella conferenza stampa alla luce del sole, lasciando il tempo ai mezzi di informazione e agli italiani di comprendere le novità, di valutare la portata delle riforme, di capire cosa sia veramente cambiato rispetto a prima? Il motivo è semplice. L'accordo nella maggioranza ancora non c'è, il testo è la solita accozzaglia di bandierine politiche per consentire a tutti di proclamare vittoria e il decreto dovrà essere rivisto nei prossimi giorni per essere sicuri che nessuno sia scontento.

Le notizie dell'ultima ora parlano di un Matteo Renzi moderatamente soddisfatto per l'inserimento di una specia di piano shock per le infrastrutture, di un Pd che, parzialmente sconfitto sul modello Genova, che di fatto affida le opere ai commissari o alle stazioni appaltanti con superpoteri bypassando il codice degli appalti ideato da Graziano Delrio, si vanterà di aver sbloccato i lavori per i terremoti del 2016, e di un movimento Cinquestelle che, a prescindere da quello che ci sarà nel decreto, oggi, dopo la povertà e la corruzione, potrà annunciare anche l'abolizione della burocrazia. Ma si tratta solo di una fragile tregua. Conte voleva affrontare il suo tour nella penisola iberica, sotto i riflettori della Ue, senza spaccature.

 

 

E sembra che la maggioranza, chiamata ieri sera a dare l'ok anche al Programma nazionale di riforma e all'assestamento di bilancio, abbia accettato di dare il solito via libera "salvo intese" al testo con la promessa che tutto sarà riscritto. Sul tavolo ci sono argomenti delicati come la riforma del reato di abuso d'ufficio, considerato dagli esperti troppo generico,e delle fattispecie del danno erariale, che continuano a paralizzare gli amministratori locali. Le norme prevedono poi la possibilità di derogare al codice degli appalti per un periodo prestabilito (un anno), di lasciare che le opere al di sotto di una certa soglia (150mila euro) possano essere affidate senzafarraginosi iter autorizzativi e di nominare commissari per velocizzare la realizzazione di una lista definita di grandi opere. Ma nel testo di 96 pagine entrato in Consiglio dei ministri ieri notte ci sono decine di disposizioni che richiederanno una mole sconfinata di decreti attuativi per entrare in vigore. Alla faccia della semplificazione. È la logica del tirare a campare. Che provoca solo pasticci. Un esempio? Il decreto rilancio, di cui si discute da mesi, oggi dovrà tornare in commissione. Indovinate che è successo? Mancano le coperture. 

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