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Papa Francesco d'accordo con Matteo Salvini, batte un colpo contro l'islam: le parole su Santa Sofia che ribaltano il quadro

Antonio Socci
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Sabato scorso Avvenire ha fatto un titolo quantomeno ambiguo sulla trasformazione della basilica di Santa Sofia in moschea: "Santa Sofia è di Erdogan". Il sottotitolo recitava: "Insorgono l'Onu, gli ortodossi, Usa, Ue e Atene". Dall'elenco mancava clamorosamente l'istituzione che più avrebbe dovuto manifestare dolore e disappunto: la Santa Sede. Un silenzio imbarazzante che - col passare delle ore - diventava sempre più insostenibile, perché rischiava di replicare l'analogo silenzio del papa di domenica scorsa su Hong Kong quando Bergoglio si è rifiutato di leggere, all'Angelus, un pensiero sulla repressione della libertà e dell'autonomia di Hong Kong da parte del regime comunista cinese.

Oltretutto con la replica di un altro silenzio papale, stavolta relativo all'Italia, cioè alla controversa legge sull'omofobia, in discussione al Parlamento, che - secondo vescovi, sacerdoti e laici - minaccia gravemente la libertà di insegnamento della Chiesa. Anche su questo il papa - sempre così interventista nella politica italiana - sta osservando il più rigoroso silenzio (pur essendosi pronunciato più volte, in passato, su questi temi). Dunque Bergoglio ieri ha ritenuto che - almeno sulla vicenda di Santa Sofia - doveva dire una parola, forse anche per non esporsi troppo alle critiche di chi lo accusa di non difendere i cristiani e di chi nota la sua spiccata acquiescenza verso il mondo islamico, persecutore dei cristiani, e verso i regimi comunisti, specialmente quello cinese. Così ieri all'Angelus papa Bergoglio ha detto una parola su Santa Sofia: si è detto «molto addolorato».

È poca cosa, ma è comunque un messaggio, quanto basta per non passare alla storia - fra l'altro - come il papa che è stato indifferente alla trasformazione in moschea di Santa Sofia. Il pronunciamento pontificio esprime infatti il dolore della Chiesa cattolica. È un intervento significativo anche per l'Italia, dove sono stati Matteo Salvini e Giorgia Meloni a intervenire su questo caso che - peraltro - evidenzia il problema internazionale rappresentato dalla Turchia di Erdogan. Giorgia Meloni ha scritto sulla sua pagina fb: «Erdogan completa il processo di trasformazione della laica Turchia in un sultanato islamico convertendo (nuovamente) in moschea il museo di Santa Sofia di Istanbul. Con questo atto, che Erdogan crede essere una dimostrazione di forza della sua deriva islamista, l'aspirante sultano non fa altro che ammettere di essere incapace, nel 2020, di costruire qualcosa che possa anche solo avvicinare la maestosità della basilica di Santa Sofia costruita circa 1500 anni fa dalla cristiana Costantinopoli».

Matteo Salvini, preannunciando anche un presidio della Lega davanti al consolato turco di Milano, ha scritto su Twitter: «La stessa Turchia che qualcuno vorrebbe far entrare in Europa, trasforma Santa Sofia in una moschea. La prepotenza di un certo Islam si conferma incompatibile con i valori di democrazia, libertà e tolleranza dell'Occidente». Con l'operazione Santa Sofia il "Sultano" Erdogan ha riconfermato le sue mire espansionistiche ed egemoniche che vanno addirittura dalla Spagna a Gerusalemme (passando per la Libia). Infatti Erdogan, parlando ai turchi e ai musulmani di tutto il mondo, ha detto che la «riconversione» di Santa Sofia è «precorritrice della liberazione della moschea al-Aqsa», cioè di Gerusalemme (gli sono giunti applausi da Hamas) e fa parte del piano che vuole risvegliare l'Islam «da Bukhara, in Uzbekistan, all'Andalusia, in Spagna». Una sorta di Califfato. Come si vede c'è di che preoccuparsi. Gad Lerner - sul Fatto quotidiano - ieri ha notato l'inquietante riferimento a Gerusalemme, mettendone giustamente in luce il senso destabilizzatore. Poi ha sentito l'inspiegabile bisogno di improvvisarsi storico parlando del 1236 «quando la reconquista cristiana della penisola iberica fu suggellata dalla trasformazione della Mezquita islamica di Cordoba in cattedrale dell'Immacolata Concezione». 

 

 

Lerner probabilmente voleva insinuare che anche i cristiani hanno fatto ai musulmani quello che oggi Erdogan fa con Santa Sofia. La storia però dice l'opposto, perché la Spagna era cristiana, i musulmani la invasero nel 756 e a Cordova costruirono la moschea dove prima c'era la basilica visigota, del IV-VI secolo, dedicata a San Vincenzo Martire (con la sede episcopale e il seminario). Gli islamici la demolirono e ci costruirono la Mezquita. Gli scavi archeologici del XX secolo hanno riportato alla luce i resti dell'originaria basilica cristiana. La "reconquista" - lo dice la parola stessa - non fu altro che la liberazione della Spagna dal dominio degli invasori musulmani e per questo, una volta liberata Cordova, la struttura edificata sulla basilica fu ritrasformata in chiesa. Lerner aveva esordito ammonendo che «a scherzare con la storia ci si brucia» e in effetti lui ha provveduto a bruciarsi.

Nella vicenda di Santa Sofia tutto comincia dalla tragica invasione turca che nel 1453 devastò Costantinopoli e pose fine a una civiltà millenaria che aveva illuminato tutto il Mediterraneo. Costantinopoli era letteralmente la seconda Roma. Per la cristianità orientale di rito ortodosso Santa Sofia è la Chiesa madre, perciò è come sa da noi fosse trasformata in moschea la basilica di San Pietro. Prima della dichiarazione di ieri del Papa, il patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo, aveva dichiarato che la «riconversione» di Santa Sofia avrebbe spinto «milioni di cristiani in tutto il mondo contro l'islam». Ma soprattutto il Patriarca della Chiesa ortodossa russa Kirill - che giorni fa aveva già lanciato un appello per scongiurare questa decisione - ha espresso «grande pena e dolore». Il metropolita Hilarion, presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca, l'ha definita «un duro colpo per l'ortodossia mondiale». Oggi però la Turchia è un problema per il mondo, non solo per i cristiani. 

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