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Danilo Toninelli e Di Maio, carta canta: "Il nostro cadavere", sui Benetton si sono giocati la faccia

Salvatore Dama
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È il 17 agosto 2018. A Genova si scava tra le macerie. Ci sono ancora venti dispersi sotto i pilastri collassati del ponte Morandi. Luigi Di Maio ha già individuato il responsabile della sciagura. È la famiglia Benetton. «Il contratto di concessione deve essere stracciato», tuona l'allora leader del M5s. Il blog delle Stelle rilancia le parole di Danilo Toninelli, all'epoca dei fatti ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti: «Revoca della concessione». Luigino va in tv, a In Onda, su La7, e alza ancora il tiro: «La posizione del governo è che chi non vuole revocare le concessioni ad Autostrade deve passare sul mio cadavere». Ma l'allora ministro dello Sviluppo economico non si ferma qui. Mette nel mirino l'opposizione. Quel Pd con cui oggi governa. I dem, attacca Di Maio, hanno preso soldi dai Benetton perché venisse rinnovata la concessione autostradale al gruppo. A Renzi che protesta («È uno sciacallo»), il capo politico grillino replica in maniera ancora più dura: «Pubblichi tutti i nomi dei finanziatori del Pd dalla sua nascita a oggi». E spieghi perché le leggi dei governi sostenuti dai piddini hanno permesso ad Atlantia di moltiplicare i guadagni e allungare la propria concessione. Il giorno dopo, il 18 agosto, Toninelli annuncia: «Abbiamo avviato l'iter per la decadenza della concessione alla società Autostrade. Il mio Ministero ha inviato una lettera». E a chi paventa il rischio di penali, in caso di rescissione unilaterale del contratto, replica di nuovo Di Maio: «Non servono codicilli o azzeccagarbugli, la giusta causa», per stracciare la concessione, «sono i 39 morti» del Ponte Morandi.


 

 

La strategia di Grillo - La strategia grillina funziona. Il 20 agosto, ai funerali delle vittime del disastro, gli esponenti dem vengono fischiati, perché conniventi con "i poteri forti", i Benetton. Di Maio viene accolto con applausi e ovazioni. È la strada giusta, pensa il leader M5S. Dare in pasto alla folla un responsabile del crollo. E, va detto, gli imprenditori veneti ci mettono del loro. Facendosi pizzicare a Cortina per una braciata mentre a Genova ancora si contano le vittime. Con un post sul blog parla Beppe Grillo: «Non abbiamo pagato per decenni le tasse per arricchire Benetton e soci. Dobbiamo dire basta al pizzo dei concessionari». Interviene anche Alessandro Di Battista. Dal Guatemala. Propone la nazionalizzazione di Autostrade: «È un diritto del popolo italiano essere padrone delle proprie strade». Poi il dossier Autostrade finisce in soffitta. I 5stelle sembrano dimenticarsene. Salta fuori a giugno 2019, quando la Lega insiste per avere l'autonomia regionale. Ed ecco che Di Maio rilancia. E con Toninelli formalizza (di nuovo) la proposta di revocare la concessione ad Autostrade. In un lungo post sul blog viene invocato il «dovere morale» di stoppare le concessioni pubbliche ad Aspi. Toninelli interpella un gruppo di giuristi. Gli esperti confermano che la mancata restituzione di un bene affidato, in questo caso il ponte di Genova, configura un grave adempimento che può giustificare la revoca unilaterale della concessione. Di Maio promette che arriverà al primo anniversario del crollo con la procedura avviata. Ma non succede.

Il peso dei dem - Cambia il governo. E - guarda tu - i Cinquestelle si ritrovano spalla a spalla proprio con quelli che erano "a libro paga" dei Benetton. A novembre i grillini tornano di nuovo alla carica. Parla l'ex comico: «È tempo di cambiare una concessione data a condizioni di favore senza uguale». Di Maio fa eco: «Sulla revoca della concessione non faremo un passo indietro». Siamo in dirittura d'arrivo, giura il premier Giuseppe Conte, con i suoi tempi, che ormai sono noti a tutti. Però nel frattempo alle Infrastrutture e Trasporti Paola De Micheli ha preso il posto di Toninelli. E la nuova ministra non ha alcuna fretta di disarcionare i Benetton: «È una questione che dovremo analizzare bene», frena. Altro fatto: Luciano Benetton scrive una lettera ai giornali in cui prende le distanze dai vertici di Autostrade. Risponde Di Maio: «È surreale», dice, «ora alza la voce perché teme di perdere i contratti milionari ottenuti grande al silenzio di una classe politica complice e inadeguata. Per noi la strada è tracciata, le famiglie delle vittime del Morandi devono avere giustizia». Gennaio 2020: il decreto Milleproroghe contempla una norma che taglia l'eventuale rimborso dovuto ad Aspi. Il leader grillino festeggia. Di nuovo: «Finalmente si avvia il percorso che ci permetterà di revocare le concessioni ai Benetton». Non ci saranno perdite di posti di lavoro, assicura, ma solo «perdite di profitti» per la famiglia veneta. Il resto è storia di oggi. E si sa come è andata a finire.

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