Domenico Parisi, il manager vicino al M5s che il Pd vuole far saltare
Non c'è solo il Mes. Nella guerra sotterranea tra Pd e M5S spunta Domenico Parisi, il presidente di Anpal venuto dall'America per compiere il miracolo dei navigator. Da tempo è nel mirino dei dem. È tornato a esserlo proprio l'altro giorno. L'uomo arrivato dal Mississipi con la mission (per ora non realizzata) di creare nuova occupazione, di incrociare, grazie a un mitico software, domanda e offerta di lavoro, è l'oggetto di una interrogazione presentata da Deborah Serracchiani al ministro del Lavoro. Si chiede «un chiarimento» e «una puntualizzazione» riguardo alle «procedure decisionali» dell'Anpal. In particolare, si contesta che sarebbe stato violato l'articolo 7, comma 6, dello statuto di Anpal, dove si prevede che in caso di parità di voti tra i membri del cda, prevale il voto del presidente.
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Le ultime delibere (6,8, 9), ossia tre su quattro, sono passate solo grazie al voto di Parisi. Ma, sostiene la deputata dei dem, non perché ci sia stata parità. Il rappresentante delle regioni, Claudio Di Bernardino, aveva votato contro. E si era astenuto il rappresentante del ministero del lavoro, Giovanni Capizzuto. Serracchiani, quindi, chiede innanzitutto che si specifichi se le deliberazioni di Anpal sono state assunte «all'unanimità o a maggioranza». Si contesta, poi, quella che viene definita una «ulteriore e grave incongruenza procedurale». Ossia il fatto che l'articolo 13 dello statuto esclude che l'amministratore unico adotti il documento di bilancio di Anpal Servizi, la cui approvazione deve essere «sottoposta al vaglio» del «consiglio di amministrazione di Anpal». Solo che il presidente di Anpal, Parisi, è anche amministratore unico di Anpal Servizi.
E così sarebbe stata «aggirata», secondo il Partito Democratico, la norma. In conclusione, Serracchiani argomenta che, se le osservazioni sono confermate, si configurano «gravi irregolarità nelle procedure decisionali degli organi di governo di Anpal e Anpal Servizi». Frutto di una gestione, si aggiunge, che «già nel recente passato è stato oggetto di diffuse critiche e censure». Difficile dire se le procedure, così come previste dallo statuto, siano state rispettate o no. Se abbia ragione la dem Serracchiani o il vertice di Anpal. Restano, però, due elementi politici, degni di nota. Il primo è la scelta del Pd di muovere guerra a Parisi, da sempre mal tollerato e ora più che mai, visto che, con l'arrivo del Recovery Fund, bisognerà ripensare riforme e risorse.
L'altro elemento interessante dell'interrogazione è un dato di fatto. Parisi non è solo criticato da una parte della maggioranza, ma è isolato nella stessa Anpal, visto che su tre delibere, peraltro non di poco conto (il piano industriale e il bilancio di Anpal Servizi e le linee strategiche triennali di Anpal) l'unico voto a favore è stato il suo.