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Carlo Calenda, il pifferaio dei "topini" di Forza Italia

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Forza Italia è la casa dei liberali. È qui che tutte le energie vanno investite. Qualsiasi altro surrogato è solo una perdita di tempo, un abbaglio mirato a distrarre risorse dal prodotto originario: la casa dei moderati disegnata dal Presidente Silvio Berlusconi. Essere liberali non significa avere una maglietta da passarsi per ogni convenienza di stagione, perché liberale non è la parola magica che basta a rappresentare una tradizione e una cultura che sono nelle corde di Forza Italia da oltre venticinque anni. Ignorare tutto questo significa non prendere atto della realtà e Azione rischia di essere la macchina che porterà fuori strada chi ci salirà sopra. 

 

Senza nulla togliere all'ex ministro Carlo Calenda che bene ha svolto il suo lavoro - seppur all'interno di un governo a trazione Pd con i limiti che tutti noi conosciamo -, occorre tenere presente alcune cose: la sua è una formazione (fatta ad oggi da 3 persone) che, nata tre anni fa da una costola del Partito democratico, non si è presentata a nessuna tornata elettorale; i suoi esponenti al Parlamento italiano (Richetti) come a quello europeo (lo stesso Calenda) sono stati eletti nelle liste del Pd e PSD e, pur contrastando il Pd in Italia, Carlo Calenda in Europa vota, appunto, con il Gruppo PSD. Per capire dove va una storia bisogna partire da lontano e la loro storia è, per i suddetti motivi, lontanissima dalla nostra e resta volutamente ambigua rispetto alla direzione da prendere, perché in realtà non ne ha nessuna, se non cercare di incantare - come fece il pifferaio magico - qualche sprovveduto che si presta ad ascoltare una musica dissonante. 

 

Azione può rappresentare il luogo dove si travasano malesseri strumentali ma senza alcuna visione e un cappio politico per chi penserà di passarci "per il bene dell'Italia". "Per il bene dell'Italia" abbiamo visto tanti schiantarsi e tanti di questi tanti hanno perso la grande occasione di lavorare per rendere più grande il nostro partito, pensando di colonizzare partiti veri e presunti fondati da altri per mero calcolo di sopravvivenza. È altresì struggente, se non patetico, ipotizzare forme di collaborazione che sarebbero foriere solo di confusione e dispersione. Esperimenti di laboratorio e manipolazioni politiche tra forze che nulla hanno in comune non hanno mai funzionato né portato bene a chi li ha creati, ma, soprattutto, non hanno fatto mai bene al Paese. La storia - anche recente, ahimè - ce lo ricorda.

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