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Coronavirus, Christian Solinas a Senaldi: "Pd e M5s strumentalizzano i dati". Indice di trasmissione, cosa non torna

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 «Ve l'avevo detto io, ma non mi avete ascoltato...». Christian Solinas potrebbe, ma non vuole, recitare l'antipatica parte del Grillo Parlante. Però neppure si trova a proprio agio nel vestire i panni del cornuto e mazziato. La sua Sardegna, prima delle ferie d'agosto, aveva il più basso indice di sieroprevalenza ( la circolazione del virus nella popolazione ) d'Italia, pari allo 0,3%, certificato dal ministero della Salute. Oggi c'è chi vuol far passare l'isola come la Wuhan d'Italia. A puntare il dito è soprattutto la Regione Lazio. La Costa Smeralda, il Golfo degli Aranci, Villa Simius sono tra le mete preferite dei facoltosi turisti romani e Zingaretti vuol far passare i sardi per untori perché qualche suo elettore è rientrato a casa positivo. Il tutto sta avvenendo nel silenzio del governo; quasi una connivenza. Il punto è che se l'esecutivo avesse dato retta al presidente della Sardegna, la stragrande maggioranza dei contagi si sarebbe evitata.

Invece, quando Solinas propose il passaporto sanitario per i turisti che volevano recarsi sull'isola, la sinistra gli diede del razzista, il sindaco di Milano, Beppe Sala, dichiarò che non sarebbe mai più andato in vacanza sull'isola e il governo lo accusò di attentare alla Costituzione. «Il ministro degli Affari Regionali, Francesco Boccia, fece appello all'articolo 120 della Carta per impedire che io adottassi l'ordinanza sul passaporto sanitario. Mi dissero che limitare la circolazione tra Regioni è incostituzionale. Ma il problema era sanitario e già da allora nessun positivo poteva liberamente circolare in Italia. Il mio modello semplicemente consentiva di individuare sistematicamente e precocemente i positivi in movimento. Mi chiedo perché oggi non venga fatto ricorso contro le decisioni di altri miei colleghi che impongono tamponi e quarantena a chi entra nei loro territori soltanto se proviene da alcune regioni e non da altre. Forse perché appartengono alla maggioranza giallorossa?».

Può spiegare in cosa consisteva il passaporto sanitario che aveva richiesto la scorsa primavera per i turisti che volevano arrivare in Sardegna?
«Proposi un modello che avrebbe garantito la sicurezza sanitaria ai sardi e ai turisti consentendo a tutti vacanze tranquille: chiedevo semplicemente che chiunque si imbarcasse verso la Sardegna avesse con sé l'esito di un test effettuato entro le 48 ore, che ne certificasse la negatività al Covid-19. Siamo un'isola, con punti d'accesso limitati, e avremmo avuto un controllo totale della situazione: se mi avessero detto di sì, non ci sarebbe stato nessun focolaio in Sardegna quest' estate».

Perché bocciarono la sua idea?
«La propaganda della sinistra. Contro di me ci fu una levata di scudi ideologica. Poiché sono stato eletto anche grazie ai voti della Lega, dissero che volevo discriminare, anche se il passaporto sanitario io lo avrei chiesto a tutti, anche ai sardi di ritorno. Ma c'è dell'altro: poiché il mio modello funzionava per le isole ma era di più complicata attuazione sul continente, il governo si sentì minacciato. C'è una recrudescenza statalista, non viene tollerato che a territori diversi si applichino politiche diverse. I giallorossi hanno la sindrome del controllo totale: vogliono decidere solo loro e si premurano di vanificare le proposte che possono evidenziare l'efficienza delle regioni, soprattutto se di diverso colore politico; e noi ne abbiamo fatto le spese due volte».

Perché due volte, presidente?
«Questo governo è contro ogni autonomia. Noi siamo una Regione a Statuto Speciale e non abbiamo mai avuto tante impugnazioni a leggi fatte nelle materie di nostra esclusiva competenza come da quando c'è la maggioranza giallorossa. Dalle regole urbanistiche alle norme sull'organizzazione degli uffici regionali, nessun esecutivo aveva mai sollevato tanti conflitti di competenza come il Conte 2. È una questione di approccio culturale. Il centralismo è il baluardo di M5S e Pd, che non hanno certo la sussidiarietà, e il decentramento e l'autonomia tra i propri valori fondamentali. E forse questo è uno dei loro pochi punti di contatto».

Cosa avrebbe fatto lei, se avesse avuto piena autonomia nella lotta alla pandemia?
«Non avrei acconsentito alla riapertura senza limitazioni alla circolazione tra Regioni. A giugno in Sardegna i locali e le discoteche erano aperte, eppure il virus non circolava. Quando il governo bocciò il passaporto sanitario disse che la riapertura senza limiti era un rischio calcolato. Qualcuno ha sbagliato i calcoli e i governatori hanno pagato errori altrui. Purtroppo la Sardegna. non è un caso isolato..».
 

Si riferisce al suo collega lombardo, Fontana, al quale l'esecutivo ha negato la zona rossa ad Alzano Lombardo e Nembro?
«Senza scomodare esempi così importanti, mi limito a ricordare che la mia collega calabrese Iole Santelli fu criticata dal governo sia quando decise di riaprire i bar, poiché nel suo territorio non c'erano quasi più contagi, sia quando scelse di chiudere le discoteche prima degli altri. L'impressione è che, in ragione dell'omogeneità politica e culturale, alle Regioni rosse vengano consentite cose che a quelle guidate dal centrodestra sono negate».

Qual è il secondo prezzo che la Sardegna ha pagato all'ossessione centralista del governo nella gestione della pandemia?
«Fino a luglio noi abbiamo avuto 134 decessi. Un numero dolorosissimo, ma esiguo se raffrontato con il resto d'Italia. Di fatto, in Sardegna non c'è mai stata una circolazione virale autoctona. Tutti i casi sono stati d'importazione o di ritorno. A fine febbraio chiesi la chiusura degli aeroporti ma il governo nicchiò, mi diede retta tardi. Se mi avessero ascoltato, in Sardegna la chiusura totale ce la saremmo potuta risparmiare. Avremmo potuto pure tenere aperte le scuole. Certo, questo avrebbe conflitto con i programmi centralisti dell'esecutivo.

Adesso però il virus circola parecchio dalle vostre parti
«Abbiamo subito una campagna di mistificazione senza precedenti, temo strumentale a un assurdo piano di propaganda elettorale. Le sembra possibile che mentre in Francia e Spagna si registravano circa 5000 casi al giorno e in Italia intorno ai 1500, si potesse dipingere la Sardegna con i suoi 50/70 casi come l'epicentro di una nuova ondata virale? Ad oggi, in Sardegna ci sono 41 pazienti ricoverati, di cui appena 6 in terapia intensiva. Siamo la nona Regione per contagi giornalieri».

Il governo sta provando a usarvi come capro espiatorio della seconda ondata?
«Ho troppo rispetto per le istituzioni per dirlo anche solo per pensare che queste si possano utilizzare in maniera così strumentale. Ma non mi sfugge che tra tre settimane si vota e spostare l'attenzione da alcune altre regioni "amiche" screditando un'amministrazione di centrodestra fa possa pure far comodo a M5S e Pd. Perché attaccano la Sardegna e non si parla della Riviera Romagnola o della Toscana, zone altrettanto turistiche e con più contagi di noi? Forse perché se si desse lo stesso risalto ai dati fiorentini la sinistra perderebbe anche nella sua roccaforte? Pur di darci addosso, strumentalizzano anche i dati».

Davvero? Può spiegarmi?
«La fondazione Gimbe, che calcola l'indice di trasmissione del virus per il ministero calcola la percentuale di infetti sull'isola in base ai residenti, che sono un milione e mezzo seicentomila, anziché sulle presenze reali che attualmente registrano flussi turistici per circa un milione di persone in più. Fatico a credere che sia una svista...».

Le piace giocare a fare la vittima
«Tutt' altro. Noi sardi siamo gente fiera e orgogliosa, teniamo molto al rispetto e la nostra dignità non è in vendita: certe cose non sono tollerabili. Qualche locale della Costa Smeralda ha avuto una sessantina di positivi ed è diventato un caso internazionale, mentre nessuno si straccia le vesti se una discoteca di Cervia, Emilia-Romagna, ne ha avuti 133».

Si tratta sempre propaganda di preelettorale?
«Sì, ma c'è anche tanto odio sociale. Un approccio ideologico stereotipato tende descrivere la Sardegna come la terra di vacanza dei ricchi: è suggestivo colpire l'immaginario della gente facendo passare l'opulenza della Costa Smeralda come epicentro del Covid».

Non è così?
«La storia è semplice: in Sardegna il virus circolava pochissimo. Il governo ha bocciato il mio progetto per garantire ferie sicure a tutti e così i turisti hanno di fatto portato il Covid sull'isola, senza che nessuno li controllasse in partenza; si sono per lo più contagiati tra loro, e ora vengono rilevati al rientro a casa. Ma questo non significa assolutamente che esista un caso Sardegna, come qualcuno vorrebbe; testimonia solo ancor di più l'errore clamoroso del Governo nel non aver accettato il nostro modello di passaporto sanitario, che si innestava peraltro nel solco di una tendenza internazionale, a partire dalla Corea del Sud fino alle isole Canarie. Evidentemente però c'è chi preferisce esistere per contrasto...»

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