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Renato Brunetta, "di nuovo ministro? Una provocazione": la Cgil già promette guerra

Renato Brunetta

Renato Farina
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Meno male che c'è lui. È l'unica autentica sorpresa di questo governo. È la garanzia del "nessun dorma". Gli altri componenti si dividono tra "tecnici benedetti da Draghi" e "politici salvati da Mattarella", questi ultimi scelti e impastati secondo i dettami del celebre manuale dell'Ottocento di Olindo Guerrini: L'arte di utilizzare gli avanzi della mensa. Renato Brunetta è fuori quota, non è catalogabile. È un numero primo. È stato in passato ministro, il migliore che sia capitato all'Italia nel settore della pubblica amministrazione. Non solo: è stato - ed è - un professore di rilievo internazionale, la cui colpa è di aver esibito all'invidia del prossimo alcune citazioni della stampa internazionale che lo aveva individuato nel campo dell'economia del lavoro come un potenziale Nobel. Ha avuto l'ingenuità fanciullesca di essere lui a rivelarlo, invece di usare come altoparlanti i lecchini che si assiepano a lingua pendente alle terga di accademici meno geniali di Brunetta ma più navigati nel gran mondo.

 

 

C'è un problema, che peraltro nessuno osò esporre a Napoleone Bonaparte, ma in compenso tormentò Amintore Fanfani, che Pertini chiamava spregiativamente "Le Petit" (vedi I diari segreti di Giulio Andreotti). Insomma, Renato è basso di statura. Anche a chi non avesse mai avuto informazioni al riguardo - cosa peraltro difficile, visto che qualsiasi social è gremito di vignette e battute non proprio originali, e decisamente razziste al riguardo - è bastato scorgerne la figura al giuramento di ieri al Quirinale. La cosa eccezionale è che Renatino non se ne cura affatto che "i papaveri son alti alti e tu sei piccolino che cosa ci vuoi far?". Ecco non ci fa nulla. Non gli importa di diminuire l'impatto del suo metro e cinquanta scarso sui cervelli del prossimo, che in realtà quelli sì sono spessissimo da nanerottoli. I quali si appendono ai suoi pochi centimetri come rivalsa per la scoperta di essergli inferiori in altri tipi di misure, e non solo quella che state pensando: a Brunetta è impossibile occultare la superiorità d'intelletto e di forza d'animo.

NASCERE POVERO
La sua biografia lo documenta. Non è facile nascere povero, essersi ammalati gravemente da piccini con il risultato di restare piccini di arti, ma non di cuore e di mente. Questo veneziano classe 1950 ha dovuto conquistarsi il diritto di svettare, trasformando le difficoltà in trampolino della volontà, Nato da famiglia poverissima, orgogliosissimo garzone di papà ambulante che vendeva gondolette e altri souvenir vicino alla stazione di Santa Lucia, è l'esemplare della gens veneta che spiega come una piccola città di naufraghi su isolette nella palude sia diventata una potenza mercantile. Aver tutto contro, anche l'acqua alta, e traversare deserti e oceani. Primo della classe da subito, come Giulio Tremonti, ma a differenza del valtellinese, il lagunare era un primo della classe che passava i compiti. La carriera universitaria è stata folgorante, sospinta non da raccomandazioni ma da studi che lo trasformarono presto nel consigliere principe dei sindacalisti socialisti, e quindi artefice dell'accordo sulla scala mobile che consentì all'Italia di evitare una crisi irreversibile, umiliando le pretese da default della Cgil (dove si sosteneva che il salario fosse una "variabile indipendente del costo del lavoro") e soprattutto del Pci di Enrico Berlinguer (febbraio 1984).

 

 

Se ci siamo salvati allora dal comunismo lo dobbiamo a questa gente che lavorava di notte, scrivendo e calcolando, e mettendo in crisi con la propria tenacia i comunisti armati dei loro bicchierini di plastica pieni di ideologia e di cattivo caffè. Con questi fondamentali acquisiti è arrivato infine alla politica parlamentare. Eurodeputato di Forza Italia, socialista, autore dei saggi sull'immigrazione che andrebbero di nuovo studiati da chi ciancia senza sapere nulla, mostrando la differenza tra immigrazione esito di domanda (con la garanzia di lavoro, casa, scuola per chi arriva, ed è scelto per questo) e quella da offerta (che crea caos e depressione per tutti: ed è stata da lui profetizzata). Infine l'approdo a ministro della Funzione pubblica con il governo Berlusconi. Avrebbe ambito al ministero del Lavoro. Era la sua specialità teorica ma pure pratica. Alle sette del mattino ha già studiato tutto, le riunioni con i collaboratori, che devono aver già predisposto i dossier, alle otto del mattino. Il lavoro... Proprio ai suoi studi giuslavoristici e al suo impegno per realizzarli, anticipando e accompagnando Marco Biagi, assassinato dalle Br, deve l'essere stato sotto severa scorta da quasi trent' anni, tutela poi sospesa dalla ministra Lamorgese (e se la ritrova...). E dovette occuparsi invece di (non) lavoro della pubblica amministrazione. Con la sua lotta spasmodica contro i fannulloni, che arrivarono a tendergli agguati anche per il giorno del suo felice matrimonio a Ravello. Non avendo pressanti compiti di ufficio gli infestarono la cerimonia. Ovvio: si sposò lo stesso, sorridendo, alla faccia loro.

LA LETTERA DEL 2011
Riuscì a portare a termine la miglior riforma possibile, che Mario Monti mandò, come dice la parola stessa, a Monte. E fu infine demolita dalla Marianna Madia. Non è noto, ma fu Brunetta a concordare con il subentrante ministro dell'economia Daniele Franco (allora alla Banca d'Italia) e con Draghi (già in Bce) la lettera che ad agosto evitò la fine prematura del governo Berlusconi (il quale ebbe il destino comunque segnato a novembre da un patto tra il Quirinale e franco-tedeschi). Fu lui infine a convincere Silvio a chiudere con il governo Monti a fine 2012, quattro mesi prima del termine naturale della legislatura. Confesso, non parlo per sentito dire, non ho letto su Wikipedia il suo profilo: lo conosco. Ho lavorato con lui prima con la collana di libri usciti con Libero, quindi per cinque anni nel suo staff da capo di Forza Italia alla Camera.

 

 

Le stizze e l'autoironia, l'esagerata pretesa con cui vuole la gente pronta e scattante all'alba delle domeniche d'estate, la capacità di dannarsi per gli amici, l'impressionante facilità di infuriarsi a freddo, che secondo Vittorio Gorresio era attitudine di Fanfani (in questo opposto ad Andreotti). Mi sono convinto per esperienza che quest'uomo sia uno dei pochi giganti del pensiero che ci siano in circolazione, non solo nei palazzi della politica. Ha investito i suoi risparmi nella produzione di un vino alle porte di Roma. Lui ateo lo ha intitolato al Divino Amore, il cui santuario sovrasta le sue vigne. Altissimo profilo intellettuale, morale e (forse) vinicolo. Poi è splendidamente basso. Sono i giochi con cui il Creatore usa divertirsi tra sé e sé. Mi ricorda una favolosa battuta dell'immenso Tino Buazzelli, un attore immortale del nostro teatro in anni d'oro, che era corpulento alquanto. Poco prima di morire, nel 1980, disse: «Ho l'anima magra», leggera, non appesantita da fardelli inutili. In questo governo fatto di ministri la cui funzione è di renderlo duraturo, inamovibile, praticamente immobile, sento uno che grida: «Fannulloni, l'Italia muore, muovetevi».

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