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Pd, godetevi il massacro di Nicola Zingaretti: "Feudale, sessista, senza idee". Come uccidono segretario e partito

Nicola Zingaretti

Alberto Busacca
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Quando c'è da parlare male del Pd, la cosa migliore è rivolgersi ai dirigenti del Pd. Nessuno come loro, infatti, conosce bene le magagne della "ditta". E pochi sembrano resistere alla tentazione di raccontarle al mondo intero. Dopo la caduta del governo Conte, poi, i democratici non si trattengono più. Sui giornali, in televisione e in radio c'è sempre un esponente del carrozzone di Zingaretti pronto a spiegare che le cose da quelle parti vanno piuttosto male. La lista delle lamentele è parecchio lunga: il partito ha perso la sua identità, le correnti lo stanno distruggendo, le donne non sono valorizzate, l'alleanza coi grillini è un fallimento e via di questo passo... Qui ci limitiamo a riportare le parole degli interessati. Non c'è bisogno di aggiungere altro...

Dario Nardella, sindaco di Firenze: «Siamo in un momento storico decisivo, per la politica in generale ma soprattutto per il Pd: o si cambia davvero, o si rischia l'estinzione. Quello che più mi preoccupa è che sta diventando il partito dell'establishment: autoreferenziale, lontano dal Paese reale e legato all'apparato romano, in cui comandano esclusivamente le correnti, che non si dividono sulle idee ma sui posti. Non si capisce il tentativo di una fusione a freddo fra Pd e 5Stelle, anche perché finora le uniche circostanze in cui questa alleanza è stata sperimentata sono state fallimentari». (Intervista alla Nazione).

 

 

Antonio Decaro, sindaco di Bari: «Il partito è ostaggio delle correnti e le correnti tengono in ostaggio il segretario. Non sono contrario per principio alle correnti, se sono aree culturali che dibattono sui temi. Ma non è più così da molto tempo. Oggi sono gruppi di eletti che si muovono allo scopo di essere rieletti sulla base di un vincolo di fedeltà al loro leader. Si alimentano di parlamentari che studiano strategie per tornare a fare i parlamentari. Le competenze non c'entrano, l'ho detto a Orlando: chi ha fatto il ministro dell'Ambiente, della Giustizia e ora del Lavoro non mi pare che sia scelto sulla base delle competenze». (Intervista a Repubblica).

Giorgio Gori, sindaco di Bergamo: «Per il Pd il problema è dove vogliamo andare e come vogliamo conquistare la fiducia degli elettori, perché con il 18-20% non si ha la possibilità di vincere le prossime elezioni». (Intervista a Che tempo che fa su Rai3). Lia Quartapelle, deputata: «Sulla rappresentanza di genere Berlusconi è stato più bravo di Zingaretti. Da noi più che le regole dello statuto e più che i valori prevale una logica di correnti: questo è molto deludente. Si è più pensato agli equilibri interni che alle competenze e alla rappresentanza. Oggi non posso che essere delusa dal mio partito». (Intervista a Radio Popolare). Alessandra Moretti, eurodeputata: «Le donne hanno perso 312mila posti di lavoro durante la pandemia ed è semplicemente incomprensibile che con una vera recessione femminile non ci sia una donna ministro nel maggior partito di centrosinistra». (Intervista a Coffee Break su La7).

 

 

Sandra Zampa, ex sottosegretario alla Salute: «Zingaretti? In un anno come quello che abbiamo vissuto non ho mai avuto uno scambio né sul merito né sul piano delle relazioni personali». (Intervista al Corriere della Sera). Alessia Morani, ex sottosegretario allo Sviluppo economico: «Niente conferma (come sottosegretaria, ndr)? Zingaretti con me non ha mai parlato, né prima né dopo le nomine. Non ho saputo nulla. Ignoro i motivi della scelta, ma la cosa non mi turba e non mi disturba. La mancanza di rappresentanza femminile è la punta dell'iceberg dell'incapacità del nostro partito di rappresentare la società italiana, un'incapacità che diventa evidente quando ne escludi la metà dalla delegazione dei ministri. Il problema riguarda le nostre politiche, l'identità del Pd. Serve una riflessione profonda, bisognerebbe andare oltre gli equilibri interni. E invece si pensa di mettere una toppa alla mancanza di rappresentanza di metà della società italiana con cinque sottosegretarie e una vicesegretaria. L'ultima rilevazione ci dà al 18,3% e se fossi nel gruppo dirigente del Pd mi interrogherei». (Intervista alla Stampa).

Stefano Pedica, minoranza Pd: «Fa bene Zingaretti a parlare della questione delle donne nel partito, ma questo argomento non deve essere la scusa per non affrontare il problema principale: la perdita di identità del Pd, che improvvisamente si è ritrovato grillino e contiano. Un partito in continuo declino, schiavo delle correnti e nelle mani di una ristretta cerchia di persone fedeli ai vertici mentre la minoranza non viene presa minimamente in considerazione. Questa scelta di dire tutto e tutto il suo contrario ha rappresentato il problema vero del Pd. Serve non solo un congresso ma una rigenerazione intesa come cambio totale di una classe dirigente a vocazione zingarettiana». Monica Cirinnà, senatrice: «Bisogna fare una distinzione tra le aree culturali e le correnti vere e proprie legate ad una gestione del sistema quasi feudale. Esistono aree feudali nel Pd, purtroppo esistono territori nei quali alcune persone esercitano un'egemonia così pesante da non consentire ad altre aree culturali di introdursi. Io, alle precedenti elezioni, da capolista nel Lazio non ho potuto accedere ad alcuni territori perché non ero gradita a quel qualcuno che era egemone in quel territorio. Basta nepotismo, basta poteri territoriali dei soliti noti». (Intervista a Radio Cusano Campus).

 

 

Giuditta Pini, deputata: «Il punto è che siamo diventati un partito che esclude tutto. Siamo nati come partito aperto, con le primarie, e adesso non le facciano neanche più le primarie». (Intervista all'Adnkronos). Fausto Raciti, deputato: «Una fase si è chiusa con il fallimento di una linea politica, prima lo capiamo meglio è. Zingaretti stesso dice di sentire l'esigenza di una discussione. La sentiamo tutti. Sui modi e i luoghi della discussione aspettiamo di sentire cosa proporrà». (Intervista a LiveSicilia). Gianni Cuperlo, presidente fondazione Pd: «Io credo nel pluralismo, anche dentro il Pd, ma questo modello di partito, il suo modo di discutere, di decidere, di selezionare le classi dirigenti a ogni livello va cambiato alla radice. Non è un problema di adesso, ce lo portiamo appresso dalla nascita. Sarebbe inoltre un errore pensare di risolverlo con qualche ritocco allo Statuto, che pure servirà». (Intervista a Repubblica). 

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