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Mario Draghi vuole comprarsi la Libia: obiettivo? Far soldi e fermare i barconi, il precedente-Berlusconi

Renato Farina
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Mario Draghi ha incontrato ieri a Roma il pari grado libico Abdulhamid Al Dabaiba. Quest'ultimo è il prodotto finale degli accordi tra le tribù che sembrano finalmente dare stabilità ad un Paese straziato da dieci anni di guerre di cosiddetta liberazione dal tiranno Gheddafi. Dieci anni durante i quali l'Italia, a partire da marzo 2011, ha dichiarato guerra a sé stessa. È tornata con questo governo l'età della ragione. Insomma, sempre che gli accordi funzionino e la comunità internazionale mantenga fede alle promesse, Roma torna ad essere la protettrice di Tripoli. Ce la compreremo con aiuti sostanziosi, ma i vantaggi saranno reciproci. Aiutiamo i libici a ricostruire il Paese devastato, li sosteniamo nell'accoglienza rispettosa di standard umanitari dei migranti dai Paesi sub-sahariani, sottraendoli ai negrieri, che dovranno essere liquidati dalla polizia libica. Avremo in cambio via libera per l'Eni nello sfruttamento dei giacimenti di gas e petrolio di cui è ricco l'antico scatolone di sabbia conquistato dall'Italietta di Giolitti.

Che giudizio dare? Ottimo e abbondante. Sempre che Turchia e Russia consentano a questa pacificazione, che però stavolta va sotto l'egida di una ritrovata affinità del nostro Paese con gli Stati Uniti d'America. Questi accordi credo stiano facendo fischiare le orecchie a Silvio Berlusconi e alla buona e disgraziata anima del colonnello Gheddafi. In sintesi infatti il progresso odierno nei rapporti tra la Libia e l'Italia è un meraviglioso balzo all'indietro. Un ritorno all'epoca d'oro dei rapporti tra il Cavaliere e il Raìs, stavolta senza tende, cammelli e neppure le famose amazzoni sguinzagliate a distribuire il Corano. Non si avverte, a differenza di allora, alcuna ironia di giornali o tg a proposito dell'invasione dei beduini allorché Gheddafi arrivò a Roma per celebrare i due anni dall'accordo, che funzionava eccome se funzionava. Fu trasformato in scandalo internazionale il ritardo accumulato dal leader libico nella visita a uno sdegnoso presidente della Camera Fini. In Parlamento si era urlato contro l'accordo di «amicizia» (2008) con quello che veniva giudicato uno spaventoso tiranno.

 

 

Silvio e Muhammad avevano sistemato la questione dei migranti, con campi umanitari, persino dotati per volere di Berlusconi - e non si rida - di igienici bidet. Le nostre imprese acquisirono appalti per costruire un'autostrada della riconciliazione, pressoché interamente finanziata dall'Unione europea. Per volere di Francia (Sarkozy), Usa (Hillary Clinton), Regno Unito (Cameron) che volevano destabilizzare a nostro danno l'area, la Nato armò e combatté al fianco dei fanatici musulmani, e sciaguratamente l'Italia sospinta da Napolitano aderì. Da allora ci siamo trovati in balia degli scafisti che spartivano gli utili con i capipopolo, per altro da noi prezzolati. Con Draghi è tornato il buon senso. Ma abbiamo le risorse sufficienti - quanto a intelligence e copertura militare - per «mettere a terra», come si usa dire adesso, questi accordi verbali e cartacei? Questa sarà la vera grande prova pratica dell'efficienza operativa del governo, a cui compete appunto il potere esecutivo, che - vedi i processi a Salvini - finora è apparso in balia di quello giudiziario e di quello ideologico-propagandistico di sinistra e ong. Vediamo i punti salienti di questo patto.

1. Impalcatura etica. Sostiene Draghi: «Ritengo sia un dovere morale ma anche un interesse della Libia assicurare il pieno rispetto dei diritti di rifugiati e migranti. L'Italia intende continuare a finanziare i rimpatri volontari assistiti e le evacuazioni umanitarie dalla Libia. Roma continuerà a fare la sua parte, ma serve un'azione dell'Ue determinata. L'Italia è accanto alla Libia e al governo del primo ministro Dabaiba nel processo di stabilizzazione».

 

 

2. Aiuti umanitari. «L'Italia si impegna nella costruzione di ospedali, nell'invio di personale sanitario e nel ricevere qui e curare varie decine di bambini malati di cancro. Si tratta di una cooperazione sanitaria di ampie dimensioni».

3. Petrolio e oltre. Dice Draghi: «Un altro tema affrontato è stato quello della collaborazione in campo energetico. L'Italia è già un grande partner della Libia ma nelle energie tradizionali. Oggi si è toccata la possibilità di aprire una collaborazione nel campo delle rinnovabili. Ci sono grandi possibilità e le nostre società sono pronte ad intraprendere dei progetti».

4. Migranti. «Ci siamo confrontati sui temi migratori e umanitari, che rappresentano una priorità per la Libia e per l'Italia. Abbiamo preso in esame il controllo delle frontiere libiche, anche meridionali, il contrasto al traffico di esseri umani, l'assistenza ai rifugiati, i corridoi umanitari, e lo sviluppo delle comunità rurali. L'Italia intende continuare a finanziare i rimpatri volontari assistiti e le evacuazioni umanitarie dalla Libia. Ritengo sia interesse anche libico assicurare il pieno rispetto dei diritti di rifugiati e migranti», dice Draghi. Il quale promette di dare una scossa all'Europa durante il prossimo Consiglio europeo per «un'azione determinata e rapida». E la Libia? Dabaiba sottoscrive ogni parola. Propone di riattivare tutti «i memorandum d'intesa». E quali sono? Ovvio, quelli sottoscritti da Berlusconi e Gheddafi.

 

 

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