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Sergio Mattarella, benvenuto in Vietnam: è iniziato il semestre bianco. I costituzionalisti: "Ecco perché va abolito"

Francesco Specchia
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Si scrive, candidamente, "semestre bianco"; si legge assalto alla diligenza; o idi di marzo nei pressi della buvette; o arma di ricatto dei partiti verso il governo. Oggi iniziano i sei mesi del inevitabile semestre bianco, in cui - ex articolo 88,2° comma della Costituzione- il Presidente della Repubblica perde il potere di scioglimento anticipato delle Camere, «salvo che il semestre non coincida» in tutto o in parte «con la scadenza naturale della sceneggiatura" (quest' ultima norma è stata introdotta in concomitanza con la scadenza del mandato di Cossiga nel '92). Trattasi di un periodo-cuscinetto. In cui i parlamentari, certi del fatto di poter rimanere incollati allo scranno, possono permettersi di alzare la cresta e l'asticella delle pretese; violare più frequentemente i patti col premier; e portare la tensione elettorale a livelli di calor bianco. Sicché, mentre Draghi indossa la corazza da templare dell'esecutivo dopo l'assaggino degli scontri sulla riforma della Giustizia, ecco che s' innalza tra gli addetti ai lavori un'evocazione: urge cancellare il semestre bianco, fonte di polemiche partitiche e nequizie istituzionali. Non che sia una novità.

 

 

 

Ai tempi di Segni

Già nel 1963 l'allora capo dello Stato Antonio Segni chiese alla Camere di lavorare a una riforma costituzionale che eliminasse il semestre bianco e introducesse con chiarezza il divieto di rielezione del Capo dello Stato: «La nostra Costituzione non ha creduto di stabilire il principio della non immediata rieleggibilità del Presidente della Repubblica, ma mi sembra opportuno che tale principio sia introdotto nella Costituzione, essendo il periodo di sette anni sufficiente a garantire una continuità nell'azione dello Stato. Una volta disposta la non rieleggibilità del Presidente, si potrà anche abrogare la disposizione dell'articolo 88 c 2 della Costituzione». L'orientamento alla non immediata rieleggibilità, è tra l'altro richiamato dal Presidente Sergio Mattarella verso chi in questi giorni -Ferruccio De Bortoli sul Corriere della sera- gli chiedeva di rimanere ben piantato al Quirinale per fare da sponda a Mario Draghi, confermato premier per traghettarci nella rinascita del Paese previo passaggio dalle secche del Recovey Fund. Ilsemestre bianco nasce da una paura ancestrale. C'era «il rischio» che un presidente in scadenza congedasse il Parlamento solo «per aver prorogati i propri poteri e avvalersi di questo potere prorogato per influenzare le nuove elezioni», e poter essere rieletto. «Il semestre bianco era di per sé frutto di un mancato accordo in sede di assemblea Costituente, una furiosa lite tra i cattolici ei comunisti, tra Togliatti e Moro. Stiamo parlando della seconda fase delle Costituente, ottobre -novembre '47 quando il patto di unità nazionale era già rotto», commenta il costituzionalista Alfonso Celotto. Per lui e molti suoi colleghi il semestre bianco è "anacronistico" già da una settantina d'anni. Anche perché non è mai accaduto che un Presidente della Repubblica italiana si credesse Pinochet. Anzi. Napoletano hanno dovuto pregarlo in greco per risalire al Colle, per dire. La cosa strana è che in Costituzione non v' è cenno alla rinnovabilità della massima carica. Continua Celotto: «In realtà si seguiva la prassi: le cariche politiche sono di durata breve, 5 anni, e quelli istituzionali più lunghe. Il capo dello Stato è un carica di cui non è prevista per iscritto la rinnovabilità. Ma, seguendo la rinnovabilità della durata dei giudici costituzionali, ex art. 135 delle Costituzione, di fatto si interpretava che non fosse opportuno che un capo dello Stato dopo sette anni rimanesse lì altri sette, o peggio ancora, altri quattordici, fino a ventuno. Si guardava anche al modello americano che prevede il doppio mandato e la rotazione».

 

 

 

Arma impropria

Il politologo Gianfranco Pasquino aggiunge che il ruolo del Presidente è «come una fisarmonica: maggiore è la forza dei partiti, minore è lo spazio per l'intervento presidenziale e viceversa». Ed è qui che si torna al semestre come temibile arma di ricatto dei partiti. Giovanni Maria Flick, ex ministro della Giustizia lo sottolinea: «La prospettiva è che adesso scatti nei partiti una logica da liberi tutti con rincorsa a litigare, a costo di rompere l'alleanza di governo, nella poco responsabile convinzione che tanto Mattarella non può fare niente». E Flick suggerisce che il semestre «contraddetto dai fatti» deve, giustamente, defungere. Anche perché non esiste un altro istituto simile nell'Occidente civilizzato. Ci sarà un motivo. Idem per Valerio Onida, già presidente della Consulta, che, ritenendo il semestre privo di senso, al Corriere delle sera dice: «I capi dello Stato non sono mai diventati finora quel che poteva spaventare i costituenti, e ciò rappresenta quasi una garanzia». Sicché la soluzione sarebbe cancellare l'istituto col ricorso al procedimento di revisione costituzionale dell'art. 138 sull'art. 92 della Sacra carta. «Quindi: o carica rinnovabile 4+4; o 7 anni, o come avviene per i membri delle Consulta, 9 anni. non rinnovabili. E già che ci siamo, magari facciamo pure un accenno alla rinnovabilità del ruolo», chiosa sempre Celotto. Naturalmente, in questo governo la personalità di Draghi è talmente forte (per quanto...) da tenere a freno qualunque uso ineducato del semestre. E a Mattarella rimane la carta della minaccia delle proprie elezioni anticipate, facendo saltare insieme il dodicesimo settennato e la diciottesima legislatura. Scenari da tregenda... 

 

 

 

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