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Giuseppe Conte viene scaricato pure dai suoi

Conte versione selfie

Il neoleader dei 5 Stelle fa crollare gli ascolti di Piazzapulita. E persino Il Fatto Quotidiano comincia a percularlo. Gaffe, tentennamenti e strategie sbagliate di un aspirante leader

Francesco Specchia
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«Arrivò una macchina, si aprì la portiera, non scese nessuno. Era Giuseppe Conte…». Sarebbe troppo facile, oggi, citare il mitico ritratto che Fortebraccio fece del socialdemocratico Nicolazzi (a sua volta ispirato da Churchill) per evocare l’essenza gassosa del nuovo leader del Movimento 5 Stelle. 

Sarebbe troppo facile constatare che a Piazzapulita su La7, l’intervista pop, col “cuore in mano” e senza cravatta rilasciata da Conte a Corrado Formigli sia stato quanto di più vicino al concetto letterario di “catalessi” che la politica ricordi. A Corrado, che, poveretto, cercava di estrargli risposte come se fosse sulla sedia del dentista, sarà venuto un colpo nel compulsare la sua share al minimo storico: un 4,3% quasi irrispettoso se paragonato alla media del 5,70% del programma (con picchi del 6% con Renzi e con Zaia). Sarebbe troppo facile affermare che Conte abbia più fronde interne che elettori considerando i grillini che se ne vanno, quelli che lo trattano come una badante moldava senza permesso di soggiorno, quelli che l’insultano causa Green pass o che gli fanno causa impugnando la sua nomina, come gli attivisti storici del meetup napoletano. Sarebbe troppo facile dire che «l’effetto Conte» sia già sparito. Anche perché non sarebbe vero. L’ “effetto Conte” , quello che avrebbe dovuto trainare il M5S verso la terra promessa, in realtà, non c’è mai stato, se non nelle prime pagine del Fatto Quotidiano. Che, tra l’altro, ieri si è accorto, per la prima volta, dell’arte dello scivolamento semantico (la versione moderna del “ma anche” di stampo veltroniano inventato da Stefano Disegni) in cui  si esprime la prosa a bigodini dell’avvocato del popolo. Sì al Green pass ma garantendo il diritto al lavoro, sì alla modifica del reddito di cittadinanza ma senza cambiare troppo, sì alle manifestazioni No vax ma facciamoci il vaccino. Selvaggia Lucarelli proprio sulla prima pagina del quotidiano di Marco Travaglio scrive di Giuseppi: «Conte finisce di parlare e non sai che ha detto, in quel continuo, sovrumano esercizio di diplomazia e di allergia al conflitto che rischia di renderlo una figura sbiadita». Oddio, rischia...  Selvaggia chiama questo  concetto, diciamo,  intimista, della politica “Contesuicidio”. Ma è qualcosa in più di un atto autolesionistico. È la malinconia di un naufragio. È il progressivo timore dei militanti d’aver puntato sul cavallo sbagliato. 

In altri tempi, dichiarando di voler bloccare «l’indennità di fine mandato ai consiglieri regionali pugliesi», mai l’avvocato si sarebbe fatto prendere a sberle da una sua sottoposta, la consigliera regionale pentastellata Antonella Laricchia: «Non facciamoci prendere in giro né da Conte né da tutti i partiti». In altri tempi, lo statista di Volturara Appula, sicuro del proprio consenso si sarebbe candidato alle suppletive di Primavalle, anche rischiando di non essere eletto, come ha fatto Enrico Letta a Siena. In altri tempi, l’emorragia dei 100 parlamentari pentastellati cambia- casacca si sarebbe fermata davanti ad una solida presa di possesso del Movimento.

In altri tempi l’ex premier, strapazzato tra piazze e comizi (l’ultimo a San Nicandro Garganico) non si sarebbe sentito «un po’ stanchino» come un Forrest Gump qualsiasi e mai avrebbe minacciato di mollare il colpo; e mai avrebbe confuso il nome della candidata sindaco di Milano con quella di una escort. Sarebbe troppo facile appurare come, durante il lungo battesimo del nuovo M5S, Conte non abbia avuto un guizzo, un’idea rivoluzionaria, un colpo di lombi. Ed è inutile star qui ad elencarne l’imperlata delle  gaffes e delle figure cacine. La vera verità è che Giuseppe Conte è una persona perbene scaraventata in un gioco più grande di lui. Mio padre lo paragona a quegli “avvocaticchi delle Murge” che negli anni 50 erano in grado di curare i clienti del paesello; ma che quando dovevano venire in città andavano nel pallone e assomigliavano a Totò e Peppino- I fratelli Capone in colbacco e cappotto a Milano. Quando lo proteggeva l’apparato della Presidenza del Consiglio i  traccheggiamenti di Conte sembravano una strategia istituzionale; tornato l’uomo sulla strada della militanza, la realtà s’è rivelata implacabile. Sarebbe troppo facile parlare di un fallimento annunciato. Ma le cose facili  piacciono un sacco….

 

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