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Luigi Di Maio, il libro? Una doppia vergogna: insulti a Salvini e "strane amnesie", cosa scorda di scrivere

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Rinnega il suo periodo "di destra", Luigi Di Maio. E riconosce qualche errore, forse per rifarsi una verginità e riproporsi, più avanti, in qualche ruolo di peso anche quando il Movimento 5 Stelle sarà tramontato. Il ministro degli Esteri grillino ha vergato la sua autobiografia, Un amore chiamato politica, 185 pagine in cui mancano alcuni riferimenti fondamentali della sua quasi decennale esperienza in politica, tra Parlamento e governi di vario colore.  

 

 

 

 



Momento più godibile, il "ritratto" che regala di Giuseppe Conte. Era la primavera 2018, M5s e Lega dovevano formare il governo ma serviva prima un premier-parafulmine. Sapelli spifferò qualcosa sui giornali e si bruciò da solo, Non rimaneva che Giuseppe. "Al suo arrivo in hotel indossava una camicia, il primo bottone sbottonato, la sua abbronzatura era forte, decisa, molto estiva e gli conferiva un'aria spensierata. Veniva dal Circeo, o da Gaeta, non lo ricordo con esattezza. Impeccabile nei modi, si pose nei confronti di ciascuno di noi con umiltà, mostrando un grande spirito collaborativo. Fece breccia anche in Salvini che, al termine del colloquio, si disse convinto", ricorda Di Maio, che chiese al leghista: "Non è che poi questo ci diventa il Macron italiano?. 'Ma figurati!', ribatté Salvini. In effetti di tutto avremmo potuto immaginare in quel frangente, fuorché l'ascesa che avrebbe poi compiuto Conte",

 

 

 

 

 

"Non c'è il ricordo del Di Maio sovranista - sottolinea Repubblica -. Non ci sono i taxi del mare, le posizioni dure contro gli immigrati e le Ong, il viaggio a Parigi con Alessandro Di Battista per stringere le mani dei gilet gialli francesi e provare a correre con loro alle europee". Ci sono però gli insulti per Matteo Salvini, definito "una delle persone più false che abbia mai incontrato" (e non è la prima volta che lo dice, dai tempi del Papeete. C'è un passaggio molto divertente sull'incontro alla Casa Bianca nell'ottobre 2019, alla presenza di Sergio Mattarella, con l'allora presidente americano Donald Trump che gli chiede: "Voi state dalla parte di Giuseppi (Conte) o siete contro di lui?". "Trattenni un sorriso - scrive Di Maio -. Realizzai che non aveva la minima idea di chi avesse davanti".

 

 

 

 



Quindi il ricordo del Movimento 5 Stelle delle origini, da Gianroberto Casaleggio ("Era solo un uomo che aveva un progetto ben definito") a Beppe Grillo, definito il "Jep Gambardella del Movimento, l'uomo che può farlo fallire" con una frase. "Rimane in assoluto la figura di maggiore rilievo del Movimento". Sottolinea poi le rinunce, al ruolo di premier nel 2013 ("Non volevo trattare con Berlusconi") a quella nel 2019, ruolo offertogli dalla Lega per ricucire. Il suo errore più grande? Un paio: la frase sulla "abolizione della povertà" e la foto sul balcone di Palazzo Chigi ("Sbagliai a salire su quel balcone. E sbagliai a pronunciare quelle parole") e la richiesta di impeachment contro Mattarella, su cui però, sottolinea, "Di Battista era d'accordo". 

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