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G20, la dolce vita dei grandi: nessuna svolta, solo un bel giro turistico a Roma

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Renato Farina
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Ci domandiamo com' è che nessuno ha pensato di fornire ai capi di Stato e di governo venti Vespe per un giro sbarazzino di coppia alla maniera di Gregory Peck e Audrey Hepburn. Sarebbe stato il giusto coronamento della vacanze romane dei potenti del mondo. Ci viene da dire così, non per disprezzo, ma per constatazione. Di solido e memorabile del G20 resterà solo il turismo. Le carte firmate, i documenti tirati per i capelli su clima, tasse e vaccini, si sfarineranno: ciascuno Stato andrà dove gli pare. Lo sappiamo, è andata sempre così in questo nuovo millennio. Magari era meglio se si ritrovavano tutti insieme a Kabul, sarebbe stata meno romantica come gita, ma ci sarebbe stata più realtà lì che nelle monetine tirate dietro le spalle nella Fontana di Trevi. Per la precisione un euro che non si sono neppure cavati dal borsellino. L'ha fornito l'organizzazione, ed è stato coniato per l'occasione.

 

 

LA FOTO-RICORDO
Ah, il lancio della monetina: sarebbe stato in perfetta rima con l'arrivo in comitiva sul mitologico scooter che, quello sì, ha reso migliore il mondo. Eccoli dunque alla Fontana di Trevi per la foto ricordo, i massimi esponenti dei primi venti popoli del mondo quanto a Pil. Manca all'appuntamento, avendo altro da fare, Joe Biden con le sue 85 vetture che saturerebbero di gas serra anche Giove. (Assenti, a dire il vero, ed è tanta roba per un summit, anche Xi e Putin, non pervenuti a Roma). Mario Draghi cammina davanti al gruppo. Ha la postura lievemente ingobbita alla Andreotti. Tre passi dietro di lui, Boris Johnson lo insegue con la sua camminata da orso appena travolto da un Tir. In ordine sparso, a venti metri l'indiano Narendra Modi e lo spagnolo Pedro Sanchez, quindi nel gruppo dei ritardatari conversano fittamente Emmanuel Macron e Angela Merkel. Draghi ha un'aria stanca e lievemente ironica di uno che l'ha scampata, una allure anche questa ereditata dal Divo, sette volte suo predecessore.

 

 

Del resto Super Mario in questi giorni, a somiglianza di Giulio, ha cucito rapporti, destreggiandosi come un trapezista tra democrazie e dittature, esercitandosi in un ricamo da certosino su una tessuto delicatissimo. Il risultato, diciamolo, a parte il suo figurone e la spettacolare cornice di Roma, è stato un vestito di carta velina, che copre gentilmente il niente. Non è colpa sua. Al tempo di Andreotti c'erano due blocchi, un ordine mondiale chiaro e distinto, e l'Italia era la meno nemica, creava ponti tra le sponde. Adesso guardi il mappamondo, e ti spaventi. Chi comanda chi? Tanto vale svacanzare un po', fraternizzare in questo miracolo di luci e colori che è l'Urbe. Che cartolina, ieri mattina. Alla fine i leader si mettono in posa dove di solito si piazzano le spose giapponesi vestite di bianco con lo spaurito coniuge ancora più bianco. L'acqua color ametista è sovrastata dalle statue dei giganti antichi: il dio Oceano, muscoloso e sprezzante avanza come sempre sul cocchio trainato dal cavallo agitato e da quello placido, quindi alla sua sinistra trionfa Salubrità e alla destra Abbondanza, con la cornucopia traboccante di frutti e di denaro.

Giganti anche gli attuali leader del mondo? Lo scenario si presta al paragone. Ma dov' è la cornucopia? Viene, a qualcuno tra i fotografi dislocati intorno, il dilemma: giganti o gitanti? Osserviamo la galleria fotografica di questi giorni. Viene il dubbio. Non è che questa fastosità contrabbandata per sobrietà, questa sciccheria travestita da normalità, non sia alla fine un messaggio odioso per chi soffre sul serio? E non scavi una fossa tra governanti e popolo? Mentre il G20 proclamava come risultato fantastico la decisione di alzare la temperatura del pianeta entro fine secolo al massimo di un grado e mezzo (+ 1,5°) invece che due (+2°), (ma non accadrà nulla); mentre veniva propalata questa grida manzoniana, le first lady e i (due) first husband, che facevano? Le gitarelle. Più impressionante del foro imperiale è stato osservare il marito della Merkel, professor Joachim Sauer, con l'aria di un cane pastore alla catena tra le signore sui balconi del Campidoglio: loro, specie Begonia Sanchez a sfoggiare sobri tailleur, e lui una grinta incazzosissima da tribuno della plebe pronto alla rivolta, che per non farsi smascherare dalle dame si mette davanti al naso una mappa. Eccoli.

 

 

TERME DI DIOCLEZIANO
Entrano in Campidoglio e si sorbiscono pure i saluti del sindaco Gualtieri, poi si rifaranno la vista con i marmi della colazione Torlonia ai Musei Capitolini, quindi pranzo leggero sulla terrazza Caffarelli. Con vista sulle cupole metafisiche. Il giorno prima tappa al Colosseo, dove Boris Johnson, molto pittoresco con un papavero all'occhiello, influenzato dalle rovine ha profetizzato un nuovo «declino e collasso dell'Impero romano». Dopo gli scongiuri, tutti festosamente a Villa Pamphilj per un «pic nic lunch» tra arte e storia. Imperdibile, per la serie la febbre del sabato sera dei ganzi, l'«esperienza sensoriale» di suoni e immagini alle Terme di Diocleziano. Ma solo per i capi di Stato e di Governo. Le first lady e i due first husband tedeschi (si segnala oltre a Merkel, Herr von der Layen) ancora adesso non se ne fanno una ragione. Almeno ci fosse stato un giro in Vespa. 

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