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Giuseppe Conte, questione di soldi: "I 40 grillini già pronti", uno tsunami sul Quirinale

Antonio Rapisarda
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Nemmeno il tempo di metabolizzare l'ennesimo strappo con le origini - ossia l'adesione al 2x1000, come un partito "qualunque" - che una nuova richiesta rischia di far esplodere una volta per tutte il nuovo corso di Giuseppe Conte: cari "portavoce" restituite gli arretrati o sarà gogna pubblica. Questo il senso della comunicazione che tantissimi parlamentari del M5S si sono ritrovati ieri in posta elettronica. Il mittente è il tesoriere Claudio Cominardi, con il riepilogo della situazione personale di ogni eletto in merito ai versamenti e alle famose restituzioni. E i destinatari? Tutti i "morosi" a cui è stata data un'indicazione perentoria: «Provvedere immediatamente» agli arretrati, da inizio legislatura a oggi.

 

 

Ossia saldare le mensilità mancanti relative al contributo di mille euro al partito e a quello per le restituzioni da 1.500 euro (ex "TiRendiConto") nonché i 300 euro per le «piattaforme tecnologiche» (la quota Rousseau fino al divorzio). La pena per chi non dovesse affrettarsi? La pubblicazione dei propri dati "non in regola". Apriti cielo. O meglio: apriti chat. Le reazioni del gruppone - specialmente di quel 70-80% certo di non rientrare in Parlamento - sono state di ogni ordine e grado. C'è chi ha lamentato errori grossolani nel calcolo dei versamenti richiesti; chi ha ribattezzato questa uscita come una cartella «stile Equitalia»; chi lamenta la tempistica e nuove lacerazioni, dato che siamo a ridosso dell'elezione per il rinnovo del Direttivo alla Camera (previsto il 9 dicembre). Altri ancora hanno contestato il riferimento all'articolo richiamato del nuovo Statuto: «Questo è stato cambiato quando già eravamo eletti, nessuno ci può obbligare a rispettarlo», ha spiegato un deputato lamentando come «un conto era TiRendiConto, dove eravamo noi a rendere pubbliche le restituzioni.

 

 

Altro è che terzi si arroghino il diritto di farlo, violando la nostra privacy». In tanti, su questo, minacciano ricorsi e querele. Anche per questo motivo dal Direttivo in carica si sono affrettati a correre ai ripari comunicando di aver richiesto «un chiarimento sui parametri che verranno utilizzati ai fini della valutazione della regolarità delle restituzioni». Ma la frittata è fatta. Sotto accusa, dopo gli attacchi di Grillo per il voto sull'adesione del M5S al finanziamento pubblico, non poteva che finire Conte, a cui i presunti "morosi" non perdonano una campagna elettorale «fatta più per lui che per noi», le braccine corte («Perché lui non versa un euro?) e la scelta della sede nazionale in pieno centro a Roma: «Ha voluto una sede lussuosa in cui non va nessuno e gliela dobbiamo pagare noi? Perché non se la fa pagare da quelli che ha messo in segreteria, gli unici che sono sicuri di essere rieletti?». Ma non finisce qui. Perché il muro contro muro sulle restituzioni rischia di tramutarsi in uno tsunami "d'Aula". «Con questa mail scoppierà tutto, c'è gente pronta a uscire dal gruppo», ha profetizzato un parlamentare. «Decine di eletti abbandoneranno il gruppo», conferma un altro. Chi sa far di conto parla di quaranta pronti a fare le valigie. C'è chi lo dice apertamente: «Agirò di conseguenza. Altro che unità dei gruppi sulla manovra e sul Quirinale». 

 

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