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M5s e Quirinale, in sette anni da "Rodotà" a "chi lo sa": c'erano una volta i grillini...

 Luigi Di Maio

Antonio Rapisarda
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C'era una volta un MoVimento che dalla piazza scandiva per il Colle più alto «Ro-do-tà, Ro-do-tà». E oggi? «Chi-lo-sa». Già, chi lo sa? C'era una volta - non nel regno incantato ma giusto nel 2013 - un M5S che aveva "poche idee ma confuse", ma almeno erano idee. Ai tempi i grillini proponevano al Pd (che se ne guardò bene) di convergere per il Quirinale sul compianto giurista, idolo del ceto medio giustizialista e di tutte le battaglie "benecomuniste" con cui i grillini di allora si abbeveravano. Assieme a quello di Stefano Rodotà, i nomi che si spendevano allora per le "quirinarie" erano profili marcatissimi nella fauna progressista: Milena Gabanelli, Gino Strada, Gustavo Zagrebelsky. Stesso copione due anni dopo, quando fu indicato - come candidato di bandiera - il giudice Ferdinando Imposimato, seguito da Prodi e Nino Di Matteo. 

 

E oggi? Nonostante il M5S sia il primo gruppo in Parlamento, sembra l'unico a stare a rimorchio degli altri. Al contrario, nell'inquieta galassia pentastellata non circolano più né un nome né un'idea. L'unica "scossa" è stata data dalla corrispondenza di amorosi sensi...con Silvio Berlusconi: strategia di persuasione di cui è maestro il leader di Fi (che ha accarezzato il reddito di cittadinanza); cedimento dei peones grillini che ha costretto l'avvocato appulo a dover ribadire un'ovvietà - «Berlusconi non è il nostro candidato» - per frenare la campagna quirinalizia dell'ex premier. Anche per questo motivo i borbottii dei gruppi parlamentari sono giunti alle orecchie di Libero: «Prendiamo il tavolo con i leader. Salvini ha dovuto fare questa cosa per arginare l'effetto Meloni. Ma almeno ha preso l'iniziativa». Sottinteso: si aspettavano un'azione del genere da Conte. 

 

Al momento però l'unica flebile voce è stata quella di Virginia Raggi - l'opposizione interna a Conte - secondo la quale il M5S starebbe ragionando su una figura della società civile, «possibilmente una donna». Un po' poco rispetto agli stornelli per Ro-do-tà: la conferma della crisi di vocazioni suscitate dagli "strappi" del nuovo corso. Che dice il nuovo capo politico? Dopo aver aperto a Draghi, salvo poi chiudere, accarezzando poi l'idea che il prossimo Presidente possa non essere un tesserato del Pd, si è limitato a dire «facciamo una proposta comune» insieme a Letta. La conferma del «chilo sa?», dunque. Una strategia rinunciataria e pericolosa. A farglielo capire, ieri Luigi Di Maio: «Iniziativa giusta, visto che sono forze alleate. Ma direi: costruiamo un metodo prima dei nomi. E ripeto: i partiti non si possono permettere di giocare con il nome del premier». Un riferimento ai sospetti che, dietro l'identikit suggerito da Letta (al Quirinale un candidato che non sia un leader), si celi la volontà di tirare la volata per Draghi al Colle: con il voto anticipato come occasione per i due leader di chiudere le rispettive partite interne. 

Ma qui, «subentrerebbe un altro problema per Conte», spiegano fonti governiste pentastellate: il mancato controllo dei gruppi parlamentari. In un M5S alimentato solo da confusione, il "soccorso grillino" potrebbe arrivare a chi sarà più abile a garantire il prosieguo della legislatura. Berlusconi? Chi lo sa...

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