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Giuseppe Conte, la minaccia a Luigi Di Maio: "Condotte molto gravi, dovrà renderne conto"

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Giuseppe Conte rifarebbe tutto ciò che ha fatto. Zero rimpianti sul Quirinale, anche se questo ha contribuito a spaccare un Movimento 5 Stelle già allo sbando. I fatti sono noti: il leader puntava alla candidatura di Elisabetta Belloni e Luigi Di Maio puntava a bruciarla. Per questo Conte è convinto che il ministro degli Esteri, già numero uno dei grillini, "dovrà rendere conto di diverse condotte, molto gravi. Ai nostri iscritti e alla nostra comunità". Raggiunto dal Fatto Quotidiano l'ex premier dà una sua versione di quelle concitate ore di trattative per il Colle. E più in particolare del lavoro per far salire la direttrice generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza al posto di Sergio Mattarella.

 

 

"Quelle di Belloni e di Paola Severino erano candidature di cui avevamo discusso, sia nel fronte progressista che con il centrodestra. Apparivano molto solide e affidabili, e offrivano l'occasione storica di portare una donna al Quirinale", spiega affermando che neppure il Partito democratico e Liberi e Uguali si opponevano al suo nome. Poi l'occasione giusta per puntare alla Belloni è arrivata con Elisabetta Casellari bocciata dall'Aula: "Dopo quella votazione il centrodestra è andato in difficoltà, e ciò ci ha consentito di condurre un affondo. Io e Letta abbiamo incontrato Salvini, riproponendogli Belloni e Severino. Salvini si è preso del tempo per valutare i nomi femminili. Ma ci ha subito riferito della disponibilità di Fratelli d'Italia su Belloni". E allora viene da pensare che tutto poteva chiudersi lì, con il capo dei servizi segreti al posto del bis. Invece no, perché in quei momenti qualcosa è accaduto.

 

 

"Nel Pd non c'era più la disponibilità su Belloni. C'è stato un blocco trasversale". E a chi lo accusa di aver dato vita a "un cortocircuito mediatico", l'ex presidente del Consiglio replica: "Assolutamente no. Ho rivisto le dichiarazioni. Né io né Salvini, né ancor prima Letta a Sky, avevamo fatto il nome della Belloni. Anche se era già ampiamente circolato sulla stampa". Insomma, Conte prova a difendersi dicendo di non aver fatto il nome, come se evocare una donna non fosse sufficiente a bruciare il nome in questione: che figuraccia...

Ma tant'è, la negoziazione viene così archiviata da Conte che, arrivato a quel punto, spiega: "Ho preso atto della posizione del Pd. Ma visto l'accordo con i dem e con LeU, non ho mai pensato di rompere quell'asse politico per avventurarmi in una votazione che si presentava problematica anche nei numeri". L'esito poi è noto e non va giù a tutti, tanto che lo stesso Conte non nega che all'interno del Movimento "è il momento di un chiarimento. Una comunità di donne e uomini, anche nella diversità di opinioni, deve perseguire un'azione politica in modo coerente e compatto". 

 

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