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M5s, "no alla fiducia": Conte apre la crisi. Draghi al Quirinale: cosa può accadere giovedì

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Giuseppe Conte ha annunciato l’Aventino parlamentare sul decreto Aiuti. I senatori del Movimento 5 Stelle usciranno dall’Aula al momento del voto di fiducia: una decisione che apre di fatto la crisi di governo, anche se i grillini non hanno ancora sciolto le riserve sull’uscita dall’esecutivo. A questo punto, però, potrebbe essere Mario Draghi a puntare i piedi e a non voler continuare dopo la rottura di Conte: i numeri per andare avanti ci sarebbero comunque, ma non è detto che bastino all’attuale premier… 

“Oggi ho avuto un colloquio con Draghi - ha dichiarato Conte dopo il Consiglio nazionale del M5s - devo registrare una disponibilità del presidente a venirci incontro su tutti i punti. Però è evidente che la fase che stiamo affrontando non può accontentarsi di dichiarazioni di intenti e di impegni, occorrono misure concrete”. Parole che non sembrano far presagire un’uscita dal governo, piuttosto un’apertura a rimanere o un ricatto politico, a seconda dei punti di vista. “Noi siamo disponibili a dialogare - ha aggiunto Conte - e dare il nostro contributo, ma non siamo disponibili a firmare cambiali in bianco”.

Le reazioni politiche alla decisione del M5s di uscire dall’Aula domani, giovedì 14 luglio, non si sono fatte attendere. Matteo Salvini tramite fonti Lega ha fatto sapere che con questa decisione dei grillini “la maggioranza non c’è più: basta con litigi, minacce e ritardi, parola agli italiani”. Per una volta si trova perfettamente d’accordo con Giorgia Meloni, che è intervenuta per chiedere elezioni subito: “Guerra, pandemia, inflazione, povertà crescente, caro bollette, aumento del costo delle materie prime, rischi sull'approvvigionamento energetico, crisi alimentare. E il governo 'dei migliori' è immobile, alle prese con i giochi di palazzo di questo o quel partito. Basta, pietà. Tutti a casa”. Ma anche Enrico Letta, segretario del Pd, non può che ammettere che "ora è necessaria una verifica di maggioranza":

Ora, fari puntati su quel che può accadere giovedì. Il M5s non voterà la fiducia, ma al netto del non voto il governo Draghi dovrebbe comunque avere la maggioranza in Senato, a meno di clamorose e inattese defezioni. La crisi infatti è politica, non Parlamentare: Mario Draghi ha più volte ripetuto che "per me non esiste questo governo senza M5s. E non esiste un governo Draghi diverso da questo". Insomma, il premier già domani, dopo la mancata fiducia grillina (a meno di altri e improbabili colpi di scena) potrebbe salire al Quirinale per rassegnare le sue dimissioni.

E a questo punto ecco l'ingresso in campo di Sergio Mattarella, contrarissimo all'apertura di una crisi che porti al voto anticipato. Il capo dello Stato potrebbe rinviare il governo alle Camera, in modo da costringere i partiti ad assumersi una responsabilità netta: e proprio in quel momento, per paradosso, il M5s potrebbe nuovamente accordare la fiducia a Draghi. Altrimenti, il presidente della Repubblica potrebbe subito avviare le consultazioni, per verificare eventuali altre maggioranze - Draghi permettendo - o per chiudere anticipatamente la legislatura.

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